Abbiamo un obiettivo: la rigenerazione di comunità educanti, energetiche e di coworking per rompere l’isolamento delle nuove generazioni e degli adulti. Che le relazioni sociali e lavorative si siano degradate, conducendo ognuno di noi a un isolamento sempre più accentuato e a una interrelazione con altri o con il mondo esterno sempre più intermediato da un simulacro digitale, da una multinazionale del WebSoft o da uno scambio commerciale, è ormai quello che accade tutti i giorni.
Mio nipote, abitualmente, non scende a giocare in giardino all’aria aperta, né si incontra quotidianamente con amici della sua età per sperimentare giochi e relazioni, ma spende molto più tempo a interfacciarsi con gli altri attraverso la chat del videogioco online Fortnite, o attraverso i commenti al proprio canale di YouTube.
I tempi di lavoro di mia moglie e dei miei amici sono invasi da richieste di colleghi e superiori per tutto il weekend, dopo che sono stati necessari decenni di lotta – soprattutto nella storia americana delle lotte sindacali – per conquistare uno o due giorni di festività lavorativa a settimana.
L’industria dell’intrattenimento si è dilatata nell’offerta, nella personalizzazione e nella pervasività, raggiungendo la possibilità di un accesso a cataloghi musicali, video e di lettura quasi infinito e rendendo più desiderabile la possibilità di spendere il proprio tempo libero immerso in uno di questi servizi digitali, piuttosto che in relazioni sociali, sempre più complicate da mantenere con i ritmi produttivi e di consumo della nostra società e con la necessita di spostarsi dai luoghi di nascita e dove si sono costruite relazioni solide. La maggioranza dei miei amici e dei miei cugini si sono trasferiti per motivi lavorativi e questo li allontana da famiglia e amici.
Gli spazi pubblici e sociali diventano sempre più rari, se non dentro spazi di consumo e acquisto come i grandi centri commerciali, che ripropongono sempre di più simulacri delle piazze del paese, o simulacri della propria abitazioni in cui sedersi su un bel divano come da Ikea.
I luoghi della comunicazione invadono i nostri spazi intimi: basta una pausa di conversazione con un amico che abbiamo invitato a casa o con cui ci siamo incontrati al bar che siamo ossessivamente richiamati al controllo del nostro smartphone dove una notizia di lavoro o notizia di informazione ci attende per intrufolarsi come oggetto della nostra comunicazione interpersonale.
I dati, riportati dall’ultima opera di Eloi Laurent Uscire dalla Crescita: manuale di istruzioni, confermano la tendenza alla solitudine e alla precarietà dei rapporti interpersonali con una parallela riduzione della felicità e della soddisfazione della vita degli adolescenti americani a partire dal 2012, dopo un ventennio di crescita di questo indicatore, con un aumento della depressione, suicidi e autolesionismo. Al contempo, gli stessi adolescenti di età compresa tra i 17 e 18 anni trascorrono sei ore al giorno del loro tempo libero tra rete, social media e messaggistica che, secondo lo studio di Brian A. Primack, amministratore dell’istruzione superiore e ricercatore medico, è un comportamento legato all’isolamento sociale.
Secondo i sondaggi del Gallup World Poll, il secondo fattore, dopo la salute, che garantisce benessere, è il contatto quotidiano con amici e parenti, in sostanza il tempo che trascorriamo con le persone che amiamo e che ci amano. Se il nostro tempo viene assorbito dal mondo digitale vedremo meno amici e andremo a meno feste, apertivi e party, e addio alla “dolce vita” italiana. È per questo che diventa un manifesto politico la necessità di ricostruire comunità: comunità educanti, comunità energetiche, comunità di coworking, per portare nel deserto di anime isolate e, anche un po’ dannate, germogli di una nuova società.