Nella notte tra mercoledì 15 e giovedì 16 dicembre un gruppo di uomini armati ha circondato la sede del governo dove si trova l’ufficio del primo ministro libico Abdul Hamid Dbeibah a Tripoli. Il gruppo appartiene alla milizia della Brigata Al-Samoud, il cui leader Salah Badi ha annunciato che “in Libia non ci saranno elezioni presidenziali” e che le sue forze armate chiuderanno tutte le istituzioni statali. Le elezioni presidenziali (le prime dalla caduta di Muammar Gheddafi nel 2011) erano previste per il 24 dicembre e avrebbero dovuto segnare un punto di svolta dopo dieci anni di lotta civile e lotta per il potere.
Salah Bidi risulta nella lista nera del Consiglio di sicurezza dell’Onu dal 2018 per aver più volte tentato di rimuovere dal potere l’allora governo di unità nazionale di Fayez al Sarraj e per aver condotto azioni armate nella capitale causando vittime civili. Anche adesso non sembra voler lasciare il campo a un processo democratico. Se ha solamente circondato il palazzo presidenziale, le sua forze sono invece entrate nel ministero della Difesa e i membri del Consiglio di presidenza sono stati trasferiti in un luogo sicuro dopo aver ricevuto informazioni sul piano delle milizie di assaltare le loro abitazioni.
Secondo media libici e le fonti di Al Arabya, le tensioni infatti sono salite proprio dopo che il presidente del Consiglio, Mohammed al Menfi, in qualità di capo supremo delle forze armate ha deciso di rimuovere al suo incarico il comandante del distretto militare di Tripoli, Abdel Basset Marwan, vicino a potenti milizie locali, e di nominare al suo posto il generale Abdel Qader Mansour.
Le elezioni, a cui si erano presentate 98 persone, erano già state messe alla prova dall’annuncio dell’Alta Commissione elettorale libica (Hnec) del rinvio sine die della pubblicazione della lista definitiva dei candidati presidenziali spiegando di dover ancora “adottare una serie di misure”, bloccando di fatto anche la già breve campagna elettorale. Sembra dunque sempre più improbabile che alla vigilia di Natale si svolga la sfida fra il generale Khalifa Haftar, il figlio del colonnello Seif al Islam Gheddafi e lo stesso premier Dbeibah, e il voto potrebbe slittare al 2022.