La banca centrale turca ha tagliato dell’1% i tassi di interesse portandoli al 14%. Si tratta del quarto ribasso consecutivo nel giro di pochi mesi ed è stato deciso nonostante l’inflazione nel paese risulti in salita e ormai oltre al 21%. I tassi sono quindi 7 punti percentuali al di sotto dell’inflazione. La banca centrale ha promesso che questo sarà l’ultimo intervento al ribasso sul costo del denaro. Tuttavia, dopo l’annuncio, la lira tura ha perso il 5% nei confronti del dollaro. Rispetto allo scorso settembre il valore della lira si è praticamente dimezzato. Tre mesi fa servivano 8,3 lire in cambio di un dollaro, oggi 15,4. Una situazione che favorisce l’importazione di inflazione dall’estero poiché i prodotti importati costano sempre di più e mette in seria difficoltà le aziende che vendono prevalentemente sul mercato interno e/o hanno obbligazioni denominate in valuta estera. Per cercare di arginare la caduta della lira la banca centrale ha ripetutamente venduto dollari sul mercato.
Tuttavia il presidente turco Recep Tayyip Erdogan spinge da sempre per una politica monetaria espansiva poiché, a suo dire, frenerebbe invece l’inflazione. L’incremento dei tassi sarebbe invece mossa voluta dagli investitori esteri per colpire l’economia del paese fiaccandone lo slancio. In generale politiche monetarie espansive (e quindi riduizione dei tassi e/o acquisti di titoli) aiutano la crescita economica ma possono favorire il rialzo dell’inflazione. Nel portare avanti questa sua visione Erdogan ha sostituito nel tempo una schiera di presidenti della banca centrale e ministri. Ieri gli ultimi avvicendamenti con la rimozione dei due viceministri delle finanze Sakir Ercan Gul e Mehmet Hamdi Yildirim. Oggi il presidente Erdogan, alle prese con un calo della popolarità, dovrebbe annunciare un incremento dei salari minimi nel paese, elemento che potrebbe rappresentare un ulteriore elemento di spinta sull’inflazione.