Non deve davvero stupire che, nel tempo del discorso egemonico di tipo scientifico, o avrebbe detto Foucault delle episteme scientifica, anche le pratiche della discriminazione si presentino legittimate in chiave scientifica. Prende forma una discriminazione a norma di legge, poggiante su argomenti che si pretendono scientifici. Accade così che l’inammissibile della discriminazione degli esseri umani viene presentato come plausibile e, di più, come inaggirabile grazie al discorso medicoscientifico. O, più precisamente, grazie al simulacro di un discorso medico-scientifico, che – proprio in quanto pretende di giustificare la discriminazione – in realtà presenta ben poco di medico e di scientifico. E che forse, se letto in trasparenza, nient’altro è se non una ideologia, direbbe Marx, che prova a giustificare scientificamente l’interesse della parte.
Questo fa l’ideologia, mostra il particolare come universale, come valido e buono per tutti ciò che tale è solo per la parte. Nulla di nuovo, in verità, se si considera che già nel 1938 in Italia veniva pubblicato l’abominevole manifesto della razza, firmato non già da poeti e da filosofi, bensì dai più illustri scienziati del tempo: forse che si trattava di scienza, per il semplice fatto che della scienza impiegava il lessico e degli scienziati portava il nome? Era – ecco il punto – un tentativo, non scientifico per definitionem, di giustificare scientificamente la discriminazione. Questo non vuol dire, si badi, che la scienza sia in quanto tale giustificazione ideologica dei rapporti di forza. Sarebbe una sciocchezza affermarlo. Significa, semmai, che tra i compiti non secondari di una ragione critica vi è anche quello della distinzione tra la vera scienza e l’ideologia scientifica: la vera scienza, che mira al sapere certo e non alla giustificazione del potere dei gruppi particolari, procede provando e riprovando, con sensate esperienze, con il dubbio e con la continua messa in discussione delle proprie acquisizioni. Non impone, ma dimostra. Non proscrive, ma argomenta. Non silenzia le altre visioni, ma le ascolta ed eventualmente le confuta. Non chiede fede dogmatica, ma ragione critica.
L’ideologia scientifica, per parte sua, impiega il vocabolario scientifico per contrabbandare la legittimazione dei rapporti di forza e di politiche particolari nell’interesse di gruppi particolari, proprio come accadde con l’abominevole manifesto della razza del 1938. Dobbiamo allora chiederci seriamente se quella che oggi viene senza tregua celebrata dogmaticamente come scienza sia realmente tale e non corrisponda invece, almeno in alcuni suoi tratti fondamentali, all’ideologia scientifica di cui si diceva. È la scienza stessa ad avvertirci di questo pericolo, peraltro.
In data 20.11.2021, su The Lancet, il dottor Kampf spiegava perché è un grave errore, sconnesso da qualsivoglia ragione scientifica, stigmatizzare i non vaccinati. Non è da loro soltanto che dipende l’epidemia, argomentava il dottor Kampf, dacché anche i vaccinati contagiano e si contagiano. La stigmatizzazione di certe categorie – avvertiva inoltre il dottor Kampf – ha precedenti storici non propriamente entusiasmanti. Domandiamo allora: cosa vi è di scientifico nel dogmatismo che parla pericolosamente di “credere nella scienza” e che in nome della “fede nella scienza” scomunica come eretiche tutte le voci che osino sollevare dubbi e questioni, liquidate en bloc come antiscientifiche, quando non come terrapiattiste?
Perfino un raffinato e sempre lucido pensatore come Agamben ha subito questa sorte, peraltro in una sorta di gogna mediatica che dovrebbe far riflettere sul tasso di dogmatismo del discorso pseudoscientifico oggi dominante, del quale il clero giornalistico diviene spesso grancassa. La scienza, se è tale, procede dialogando, ché altrimenti diviene fede e, dunque, tradisce se stessa. Ancora, la scienza, se è tale, non può in alcun caso giustificare la discriminazione. Può dirci, nel caso specifico, i benefici dei vaccini ma non può mai dire – se lo dice, non è scienza – che occorre discriminare i non vaccinati. Insomma, la discriminazione, che di scientifico non ha nulla, resta una pratica inaccettabile e da respingersi. E non può apparire legittimabile – deve essere chiaro – dacché parla con il lessico dello scienziato.
Il problema, in ultima istanza, è di ordine politico, non medico-scientifico: possono un virus e un’emergenza epidemica giustificare la discriminazione? E la contrazione dei diritti e delle libertà? E la riorganizzazione in chiave autoritaria della società tutta, convertita in società di controllo?
È per rispetto dell’attività della scienza e degli scienziati, della medicina e dei medici, che occorre allora distinguere tra le ragioni della scienza e della medicina, da una parte, e le inammissibili pretese dell’ideologia medicoscientifica, dall’altra.
***
Risposta del direttore Peter Gomez
Caro Diego, citare il manifesto in difesa della razza in un ragionamento su green pass e vaccini mi pare francamente sbagliato e provocatorio. Il green pass è una scelta politica avallata da alcuni scienziati e contestata da altri. Il 99 per cento degli scienziati (e forse di più) è invece concorde sull’utilità dei vaccini. E che siano utili lo dimostrano fin qui i fatti e i numeri.
Dirai “ma i vaccini non proteggono dal contagio”. Vero, ma solo in parte. Subito dopo l’iniezione, almeno per le varianti precedenti a Omicron, nell’80 per cento dei casi il vaccinato non si infetta. Dopo 6 mesi la percentuale scende al 39. Poco, dico io, ma meglio di niente. Per quanto riguarda morti e ricoveri la protezione non è totale, ma è discretamente elevata.
I vaccini, e di conseguenza il green pass, sono insomma un ombrello con qualche buco. Ma se piove, e sta piovendo, meglio avere un ombrello bucato che non avere nulla. Sul green pass si può avere l’opinione che si vuole. Marco Travaglio lo considera quasi inutile. Io invece lo condivido perché per me riduce, pur senza azzerarlo, il rischio. Tanto che se vieni a cena a casa mia desidero che tu lo abbia.
Certo, il governo poteva e doveva fare meglio. Per esempio nelle scuole costruendo altre aule la scorsa estate; redendo obbligatoria la mascherina Ffp2 sui mezzi pubblici; scaglionando le aperture di scuole, fabbriche, uffici e negozi per evitare gli assembramenti nelle ore di punta; potenziando velocemente il tracciamento. Ma questo c’entra parzialmente con la scelta di introdurre il green pass. Possiamo solo dire che se avesse fatto il anche il resto il rischio sarebbe stato ancora più ridotto. Ma in ogni caso, bisogna ammettere che il green pass. specie in questi ultimi giorni, non solo ha ridotto in parte i rischi, ma ha funzionato come spinta a vaccinarsi per molti cittadini.
Chi considera la scelta del green pass discriminatoria viene criticato e attaccato? E vengono attaccati anche coloro i quali contestano i vaccini? Vero. Ma questo accade sempre in democrazia. Chi non la pensa come te lo dice e ti critica. In ogni caso sia ad Agamben che a Cacciari, come è giusto che sia, nessuno impedisce di parlare. Le loro interviste sono numerose.
Ora che il green pass possa stare sulle scatole (in genere ai non vaccinati ) è comprensibile. Consideralo una prova generale di un futuro regime, secondo me, no.
Ti dirò di più visto che vieni considerato, non so con quanta ragione, un sovranista di sinistra. La pandemia è un evento che coinvolge tutti gli italiani. Che crea mille problemi al nostro paese. Fare qualcosa per la repubblica in questo momento è da questo punto di vista può essere considerato dovere di tutti i cittadini. Perché il vaccino evita in molti casi che il vaccinato occupi un posto in ospedale altrimenti destinato ad altri italiani malati e riduce, poco o tanto non importa, il rischio contagio.
Vaccinarsi, anche quando si ha paura di farlo, è insomma un segno di appartenenza alla nostra comunità nazionale
È vero: qualcuno soffrirà di rari effetti avversi. I risarcimenti vanno resi più veloci e efficienti. Ma al momento il vaccino è l’arma migliore che abbiamo. Anche se imperfetta. Come vedi non prendo la scienza per una religione. So bene che la scienza va avanti commettendo errori e correggendoli. Credo però che anche chi la pensa diversamente debba rispettare il volere della maggioranza. Se ha paura non si vaccina. Non ottiene il green pass subendo delle conseguenze nella sua vita sociale e al volte lavorativa. Non è bello. Ma anche la pandemia e i morti non lo sono.
Un caro saluto