Oggi ci sono quattro corpi da ballo stabili su quattordici fondazioni e Napoli e Palermo sono alla canna del gas. Il problema è uno: nelle produzioni l’attività di balletto è stata esternalizzata ad agenzie e compagnie esterne, italiane ed estere, e nelle opere liriche sono stati assunti danzatori con modalità e tipologie contrattuali violando quanto normato dal contratto collettivo nazionale del lavoro
“I corpi di ballo in Italia rischiano di scomparire”. Dopo la denuncia di Roberto Bolle alla Camera dei Deputati, ad alzare la voce sono tanti altri ballerini che nell’ottobre 2020 hanno costituito “Danza Error System”, una sorta di sindacato di categoria che ha presentato alla commissione Istruzione di Montecitorio un dossier che ha fotografato la situazione della danza nel nostro Paese tra riduzione degli organici, contratti precari, esternalizzazioni, soppressioni di compagnie, riduzione degli spettacoli in cartellone.
Da quando i vecchi enti lirici sono diventati “Fondazioni lirico-sinfoniche” (Legge Veltroni, 1996), il settore danza e corpi di ballo è uno di quelli che se la passa peggio. Otto anni fa, la Legge Bray (2013) ha provato a mettere mano al settore senza successo. Erano previsti piani triennali di risanamento: commissario straordinario, ma alla fine la faccenda si è risolta con un ulteriore depauperamento dell’offerta culturale e con la precarizzazione della vita dei ballerini.
Oggi ci sono quattro corpi da ballo stabili su quattordici fondazioni e Napoli e Palermo sono alla canna del gas. Il problema è uno: nelle produzioni l’attività di balletto è stata esternalizzata ad agenzie e compagnie esterne, italiane ed estere, e nelle opere liriche sono stati assunti danzatori con modalità e tipologie contrattuali violando quanto normato dal contratto collettivo nazionale del lavoro (quindi non con contratti subordinati e non tramite selezione pubblica). Andando nel dettaglio: la fondazione teatro “Petruzzelli “di Bari, dal 2016 al 2022, ha esternalizzato 29 titoli; il teatro Comunale di Bologna, 37 titoli; il lirico di Cagliari, 27 ; la fondazione Maggio Musicale Fiorentino, 39 titoli; il “Carlo Felice” di Genova, 46; il Regio di Torino, 44 titoli; il Verdi di Trieste, 24; la Fenice di Venezia, ha esternalizzato 43 titoli.
“Non esiste alcun motivo – spiega “Error System” – che impedisca alle fondazioni di trasformare i costi delle esternalizzazioni in occupazione a tempo determinato e indeterminato, internalizzando l’attività. A titolo esemplificativo, una fondazione che spende 500.000 euro annui per esternalizzare la produzione di balletto e di opere con balletto, invece che impiegare queste risorse per le esternalizzazioni, potrebbe utilizzarle per assumere i danzatori e internalizzare l’attività, senza che questo provochi dissesti al bilancio economico, essendo costi già previsti”.
Dal punto di vista lavorativo, l’esternalizzazione predilige la privatizzazione del servizio stesso che, spesso e volentieri, viene affidato alle stesse agenzie o compagnie private, senza che venga bandita alcuna gara pubblica. Inoltre, l’esternalizzazione è la totale mancanza di tutela dell’occupazione e, dunque, un danno inestimabile per i danzatori italiani, che non potendo partecipare alle audizioni pubbliche poiché inesistenti, non hanno alcuna possibilità di lavorare nelle fondazioni lirico-sinfoniche, che, ricordiamo, dovrebbero rappresentare l’eccellenza anche del balletto. Dal punto di vista normativo, l’esternalizzazione è una violazione del contratto collettivo nazionale del lavoro, che, invece, prevede che i danzatori siano assunti con contratti di tipo subordinato, a tempo indeterminato tramite concorsi pubblici e a tempo determinato tramite audizioni pubbliche.
Un tema che è stato preso in carico dalla Commissione istruzione della Camera: “Le audizioni sullo stato delle fondazioni lirico-sinfoniche – spiega la presidente Vittoria Casa– hanno evidenziato diverse carenze nell’attuale assetto degli ex enti lirici. La conclusione dell’indagine è avvenuta contestualmente al confronto con uno dei nostri più grandi artisti, Roberto Bolle. Non è un caso. In tutta Italia la situazione dei corpi di ballo si è fatta preoccupante. Se non vogliamo perdere un patrimonio che ci distingue in tutto il mondo, a otto anni dalla Legge Bray è assolutamente necessario adottare nuove e sostenibili soluzioni”.