C’è stato un fermo nell’ambito delle indagini per la morte di un 17enne, colpito a Noto (Siracusa), da un proiettile a inizio dicembre. I carabinieri hanno notificato il provvedimento emesso dalla procura a un 33enne, con precedenti di polizia, ritenuto il presunto autore dell’omicidio del ragazzo. Le indagini dei militari dell’Arma sono state rese ancora più complesse, dicono gli investigatori, dal muro di omertà eretto dall’intera comunità nomade cui appartengono sia la vittima che l’uomo fermato e che non ha offerto alcuna collaborazione; i militari, infatti, sono riusciti ad individuare e localizzare in pochi giorni l’uomo che aveva fatto perdere le proprie tracce sin dalle prime ore successive la sparatoria.

Le indagini – si legge in una nota – hanno avuto una svolta grazie ai rilievi tecnici effettuati dai Carabinieri che, arrivati sul posto poco dopo la sparatoria del 30 novembre 2021, si sono resi immediatamente conto che la scena del crimine era molto più ampia e complessa di quanto poteva apparire e che non era compatibile con quanto raccontato persino dalla madre e dai familiari della vittima. Sul posto c’erano non solo alcuni bossoli e numerose bottiglie di alcolici, ma anche alcune telecamere che, poco distanti dal luogo ove era stata invece segnalata inizialmente la sparatoria, avevano ripreso tutte le fasi precedenti e successive alla stessa, immortalando finanche l’autore mentre esplodeva più colpi d’arma da fuoco.

Dalla visione delle immagini, è emerso che l’obiettivo dell’attentato non era il 17enne, bensì il padre e che il giovane era stato colpito alla testa, a causa di una tragica fatalità, solo perché si trovava al posto sbagliato al momento sbagliato, in quanto era seduto di fianco al genitore all’interno della macchina mentre venivano esplosi i colpi. Le telecamere acquisite hanno permesso di capire che l’omicidio era avvenuto dopo un litigio, alimentato verosimilmente dall’eccessivo abuso di alcolici, tra il padre della vittima e il presunto omicida, peraltro alla presenza di numerose persone, alcune delle quali, successivamente sentite dagli inquirenti, hanno addirittura negato di essere presenti al momento del delitto.

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