Lavoro & Precari

Saga coffee, due aziende lombarde si fanno avanti per salvare lo stabilimento. La Regione: “Nuova fase, è progetto serio”. Cauti i sindacati

È stato firmato un primo accordo tra la proprietà e due aziende, la Tecnostamp Triulzi di Carate Brianza e la Minifaber di Bergamo. Il prossimo incontro è previsto per l'11 gennaio. Ma i sindacati chiedono garanzie sui tempi e i lavoratori coinvolti

Si è aperta una strada per il salvataggio dello stabilimento della Saga Coffee di Gaggio Montano, l’azienda dell’appennino bolognese presidiata da inizio novembre dai 220 lavoratori e lavoratrici a rischio licenziamento. All’interesse della Tecnostamp Triulzi di Carate Brianza, reso noto già nelle scorse settimane, si è aggiunto quello della bergamasca Minifaber che si occupa di lavorazione lamiere. Ma c’è un altro elemento concreto che dà speranza agli operai. La Regione ha comunicato che tra i due gruppi e l’azienda proprietaria Evoca è già stato siglato “un pre-accordo, in vista di un’intesa definitiva, per fornire una base su cui costruire un nuovo progetto industriale“.

Ieri, giovedì 16 dicembre, gli imprenditori interessati al progetto di reindustrializzazione si sono incontrati con l’amministratore delegato di Evoca, Andrea Zocchi e i rappresentanti dei lavoratori. Per le istituzioni hanno partecipato il sindaco di Bologna Matteo Lepore e l’assessore regionale al lavoro Vincenzo Colla. “Si apre una nuova fase per la Saga Coffee, con imprenditori seri e disponibili a un progetto di reindustrializzazione” ha detto l’assessore Colla, terminato l’incontro in Regione. Più cauti invece i sindacati, che chiedono certezze sulle tempistiche e garanzie sul numero di lavoratori coinvolti. “Sicuramente siamo in presenza di una novità vera sul piano industriale, perché si tratta di gruppi industriali seri e che hanno dichiarato l’intenzione di realizzare investimenti sul sito” hanno scritto in una nota Fim Cisl, Fiom Cgil e rsu. “Ma – si sottolinea – ancora non sono chiari i tempi del progetto né quanti lavoratori e lavoratrici saranno rioccupati”. I sindacati hanno ribadito che questo passaggio, estremamente delicato, non può determinare licenziamenti. “Confermiamo il nostro impegno affinché si realizzino tutte le condizioni per il rilancio industriale del sito, consapevoli che dovranno essere tenuti insieme tanto il piano sociale quanto il piano industriale, entrambi con un impegno concreto da parte di Evoca”.

Intanto, l’assemblea dei lavoratori ha deciso di sospendere le attività del presidio davanti alla fabbrica dal 24 al 3 gennaio. “È scontato che, in questi giorni, non ci saranno atti unilaterali da parte di Evoca” ha fatto sapere la Fiom. Un presidio iniziato il 4 novembre, quando i lavoratori hanno deciso di occupare lo spiazzale davanti alla fabbrica, per protestare contro la decisione di chiudere e spostare la produzione nelle altre sedi a Bergamo, in Spagna e in Romania. Sono in gran parte operaie: le donne infatti costituiscono l’80% della forza lavoro. “È l’unico modo che abbiamo per proteggere il nostro lavoro. Abbiamo più di 40 anni, se rimaniamo a casa adesso dove andiamo?” hanno raccontato alcune di loro in un videoreportage de ilfattoquotidiano.it. Le lavoratrici hanno vissuto per settimane davanti ai cancelli, organizzandosi in quattro turni di sei ore per coprire l’intera giornata, nonostante pioggia, neve e temperature sotto zero.