Diritti

Sfratti anche a Natale, perché le parole della ministra Lamorgese sono gravi

Egregia ministra Lamorgese, tra qualche giorno si festeggia il Natale.

Il Natale è la storia di un bambino straordinario figlio di profughi, fuggiti da una repressione, rifugiati in una grotta, che oggi potremmo definire dei precari. Probabilmente, anche Lei, si è accinta a realizzare il presepe di quella famiglia, che, in un luogo precario, una grotta, per giunta occupato, vi si rifugia per dare la vita a quel bambino straordinario.

Contestualmente Lei lo scorso 14 dicembre, durante una audizione presso la Commissione Affari Costituzionali del Senato, quindi in un luogo istituzionale, in relazione al Prefetto di Milano che aveva espresso l’intenzione di sospendere gli sfratti fino al 15 gennaio 2022 per garantire i servizi di controllo relativi al Covid, ha dichiarato: “Sulla frase attribuita al prefetto di Milano riguardo all’impossibilità di garantire l’esecuzione degli sfratti con le forze di polizia disponibili a causa del rafforzamento dei controlli sul green pass, posso dire che non corrisponde al pensiero del prefetto né dell’amministrazione dell’Interno. Ci siamo sentiti, evidentemente era un momento di particolare pressione, ha fatto una dichiarazione un po’ incauta che non corrisponde a quelle che sono le forze messe in campo per garantire anche altri servizi”.

Io non so se lei abbia piena contezza della portata delle sue dichiarazioni espresse nella Commissione Affari Costituzionali. Lei afferma che l’esecuzione di sfratti di famiglie sia per lo Stato solo un “servizio”? So, però, che nessun parlamentare, nessun sindaco, nessun talk show, nessun giornale ha stigmatizzato o commentato le sue parole. Anzi un comunicato stampa di Walter De Cesaris, Segretario Nazionale Unione Inquilini, che commentava le sue parole, è stato letteralmente oscurato. Nessuna agenzia di stampa, nessun giornale, nessun tg, nessuno talk show ha osato pubblicarlo o farne oggetto di questione da affrontare.

Vede ministra Lamorgese, certo esistono le sentenze che vanno eseguite, ma, al contempo, esistono le Convenzioni internazionali che lei e il governo sono tenuti, e si sono impegnati, ad attuare. Queste Convenzioni affermano, ad esempio l’art.11 del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, che l’alloggio è un diritto e che prima dello sfratto deve essere garantito il passaggio da casa a casa, veda i commenti n. 4 e 7, dell’Onu all’articolo 11 del citato Patto. Un Patto che l’Italia ha persino ratificato con la legge n° 881 del 1977.

Ministra Lamorgese le sue affermazioni sono gravi anche da un’altra visuale. Quella culturale, quella etica, quella sociale. Definire le esecuzioni di sfratto che vedono famiglie con bambini, persone disabili, anziani o malati, dei “servizi da espletare”, è un messaggio che ha un impatto enorme della cui portata forse lei non si rende conto. Le sue parole traslano l’ambito umano in quello freddo di uno Stato, che incapace di attuare Convenzioni internazionali e di affrontare e rispondere alla precarietà abitativa con misure adeguate, risponde come l’esercito romano che cercava il bambino Gesù, per impedirne la nascita. Quel bambino nato in una grotta occupata e da profughi.

Ministra Lamorgese quello che lei definisce “servizi” sono la negazione della portata del presepe che lei ha realizzato nella sua abitazione.
Quando guarderà il suo presepe, ministra, ripensi alle sue parole espresse nella Commissione Affari Costituzionali. Oppure lo tolga come “servizio” da espletare. Infine ricordi al Consiglio dei ministri che tra i “servizi” da espletare ci sarebbero quelli di dotare l’Italia di quella infrastruttura sociale strategica e strutturale che sono le case popolari.

Per un governo dovrebbe essere una priorità attuare politiche che consentano di dare una casa popolare alle 650.000 famiglie nelle graduatorie comunali, alle circa 50.000 famiglie che ogni anno subiscono una sentenza di sfratto, alle circa 30.000 famiglie che si vedono lo sfratto eseguito con la forza pubblica, che diventa l’unica presenza dello Stato, nella sua faccia meno inclusiva. Se avessimo un numero adeguato di case popolari, ovvero l’unico “servizio” di infrastruttura sociale strategica e strutturale che dovrebbe offrire il governo, potremmo persino facilitare i suoi “servizi” si chiamerebbero passaggi da casa a casa.