Cinquantanove anni, arrivato in Italia dal Marocco alla fine degli anni ’80, dal 1999 è dipendente dell'azienda di Jesi. Nella prima ondata ha perso la moglie a causa del Covid e lui stesso è finito in terapia intensiva per quasi tre settimane. Da quando sono arrivate le lettere dell'azienda, tutti i giorni è in presidio di fronte ai cancelli: "La vita mi pone davanti a un altro banco di prova, un ostacolo da superare in un modo o nell’altro. Devo guardare al futuro, altrimenti è finita".
“Sono sempre stato fatalista, le cose devono andare in un certo modo e io non ci posso fare nulla. Gli ultimi due anni sono stati durissimi, ma io vado avanti e guardo con ottimismo al futuro, nonostante tutto”. Difficile capire l’ottimismo nei panni di Jalil el-Hirech, 59 anni, arrivato in Italia dal Marocco alla fine degli anni ’80, dal 1999 dipendente della Caterpillar. Nel primo lockdown del marzo 2020 ha perso la moglie a causa del Covid, lui stesso è finito in terapia intensiva per quasi tre settimane, e adesso il suo posto di lavoro è a forte rischio. Una settimana fa la direzione dello stabilimento di Jesi della multinazionale americana – che produce cilindri oleodinamici per le macchine movimento terra – ha inviato una Pec ai 270 dipendenti comunicando l’avvio della procedura di licenziamento collettivo. Tra i 270 c’è anche Jalil, che mercoledì ha avuto un malore mentre si trovava davanti ai cancelli di un’altra azienda storica di Jesi, la New Holland, i cui lavoratori hanno scioperato per un’ora in segno di solidarietà verso i colleghi della Caterpillar. “Sono rimasto in osservazione per alcune ore al pronto soccorso, mi hanno fatto tutti gli accertamenti del caso e in serata mi hanno dimesso”, racconta al fattoquotidiano.it.
Il passato clinico di Jalil, infatti, rischiava di tornare a galla. Questo capitolo della sua vita, d’altra parte, è drammatico: “Io e mia moglie Elia ci siamo conosciuti nel 1988. Ero appena arrivato in Italia per partecipare a un corso di formazione elettronica, un’esperienza che mi è piaciuta al punto da restare qui, nelle Marche, per sempre. Nel marzo di due anni fa, quando è esplosa la pandemia, lei ha contratto il Covid sul posto di lavoro, una rsa di Ancona dove fa la fisioterapista. Il virus l’ha contagiata e uccisa: per avere giustizia ho presentato anche un esposto ai magistrati. Quando i soccorritori sono arrivati per tentare di salvarla dopo il malore che l’aveva colta nel sonno, io stesso sono stato scoperto positivo, con una brutta polmonite. Mi sono fatto 17 giorni di intensiva, poi ancora ospedale e fisioterapia per riprendermi. Pian piano l’ho superato e sono tornato in fabbrica dove ho ritrovato i miei compagni di lavoro. È stato bello poterli riabbracciare: non avendo figli, ero rimasto solo”.
Da lì il ritorno a una vita più o meno normale, fino a una settimana fa. “Per questa azienda io, come tutti gli altri, ho dato l’anima“, dice. “La notizia delle lettere di licenziamento è stata traumatica. La vita mi pone davanti a un altro banco di prova, un ostacolo da superare, in un modo o nell’altro. Tra due mesi compirò sessant’anni, la pensione non è distante, ma di strada ce n’è ancora parecchia da fare. Devo ancora puntare al meglio guardando il futuro davanti a me, altrimenti è finita. Mi dispiace non poter essere a Roma a manifestare assieme ai compagni nella giornata di protesta nazionale, ma viste le mie condizioni forse è meglio così”. Jalil però ha trovato il modo di fare lo stesso la propria parte, presentandosi, come ogni giorno da una settimana, davanti ai cancelli della fabbrica di Jesi dove è attivo un presidio permanente dei sindacati, impegnati a limitare i danni di un provvedimento inatteso quanto drammatico. La solidarietà per fortuna non manca: “Giorni fa un ristoratore della zona ci ha portato pasti caldi gratis davanti ai cancelli. Oggi ci ha invitato addirittura a pranzo”, dice Jalil.
A dieci giorni dal Natale c’è forte apprensione tra i lavoratori Caterpillar. Tra domani e il 25 dicembre ai cancelli della fabbrica sono attesi numerosi politici, tra cui il ministro del Lavoro Andrea Orlando e il segretario del Pd Enrico Letta. “Si sono impegnati a essere presenti. Si parla del 23 dicembre, li aspettiamo qui. Io ci spero” spiega Donato Acampora, membro della rsu. Alla mobilitazione si sono aggiunti, tra gli altri, anche gli anarchici, che hanno lanciato l’idea della creazione di un Comitato di sostegno, vicinanza e solidarietà alla lotta dei lavoratori della Caterpillar. “In passato, durante le lotte della Sima (il vecchio nome della fabbrica di Jesi, ndr) nessuno fu lasciato solo. La strada è lunga e le passerelle politiche e televisive passano in fretta e non garantiscono risultati concreti. Ci sono dei risultati da raggiungere. Lottare oggi alla Caterpillar significa lottare per un futuro migliore per tutte e tutti”.