di Fabio Barbieri

In un mondo che sta imparando ad adattarsi alla nuova realtà pandemica, è in atto una vera e propria rivoluzione nel modo di intendere la finanza per trovare la via di una “nuova normalità”. L’impatto ambientale e l’impegno sociale delle imprese produttrici di beni e servizi, da argomento marginale e di “nicchia”, è oggi divenuto un tema capace di incidere sulle scelte di investimento dei consumatori, capace di spostare “masse di risparmio” determinando, così, il posizionamento e le scelte delle aziende.

Alcuni dati permettono di comprendere meglio questo fenomeno. In Italia, nei primi tre drammatici mesi del 2020, i fondi sostenibili hanno raccolto 2,8 miliardi di euro (dati Assogestioni) ponendo il nostro paese in linea con la tendenza mondiale. A più di un anno di distanza e alla luce di questi dati, gli investimenti sostenibili sembrano essersi dimostrati più resilienti, in termini di risultati, agli effetti del virus e addirittura sembra che abbiano rafforzato la loro diffusione e il loro posizionamento nelle scelte di investimento.

Siamo di fronte a un radicale punto di svolta per queste tematiche? A oggi, anche alla luce dei dati osservati, la risposta sembra essere positiva.

Com’è possibile partecipare concretamente a questa rivoluzione? La bussola per orientarsi nell’oceano degli investimenti, al fine di selezionare e individuare quali sono gli operatori attenti alla crescita sostenibile del pianeta, sono i parametri Esg (Enviromental, Social and Governance) e gli investimenti Sri (Sustainable and Responsible Investment): strumenti accessibili agli investitori a tutti i livelli, dal piccolo risparmiatore ai grandi fondi di investimento, ai “venture capital” fino ad arrivare agli investitori istituzionali. Una selezione così impostata consente a coloro che sono attenti e impegnati nella sostenibilità e nell’economia circolare di adeguare l’investimento alle proprie attitudini, passioni e aspirazioni per un mondo migliore.

Non si tratta più “solo” di questioni di etica e sensibilità, si tratta di generare e favorire un vero e proprio patto tra cittadini/consumatori, finanziatori, imprese e Pubbliche Amministrazioni che stimoli e sviluppi un’economia in grado di ponderare, misurare e gestire il proprio impatto nei confronti del mondo, che guardi oltre le performance di bilancio e l’affidabilità finanziaria delle imprese. Questi rating offrono una “visione aumentata” della realtà del mondo produttivo e finanziario, perché aggiungono elementi e valutazioni di sostenibilità ambientale e sociale, integrandosi con l’analisi di performance e bilancio dei rating di affidabilità tradizionali. Ci troviamo di fronte all’opportunità di una visione sinergica.

L’entusiasmo per i temi Esg è indubbiamente un fattore fondamentale per indirizzare la finanza e la produzione verso un nuovo approccio, ma questa visione deve essere una scelta fondante, reale, oggettiva e soprattutto misurabile perché altrimenti si cade nel rischio greenwashing riducendo il tutto a una moda o a un trend comunicativo “acchiappa simpatia e soprattutto acchiappa capitali”. Come ogni questione che riguarda la finanza, la valutazione delle performance di investimento deve essere collocata in un orizzonte temporale di lungo periodo e deve tener conto della volatilità e della capacità di sopportare eventuali perdite, sebbene già oggi sia possibile trarre un’utilità positiva, dal punto di vista morale ed etico, “solo” per il semplice fatto di investire “responsabilmente”.

Ogni investimento presenta dei rischi; gli investimenti che integrano i parametri Esg o Sri non sono esclusi da questa variabile; il diffondersi e il consolidarsi di questo approccio alla finanza e alla produzione, nel lungo periodo, avrà sicuramente un contraente che ci guadagnerà: la nostra casa comune, il nostro pianeta e la nostra società.

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