In questi giorni non si fa che parlare della variante Omicron. Sappiamo da mesi che l’apartheid vaccinale – le nazioni più povere non potranno immunizzare la maggioranza della loro popolazione prima del 2024 – favorisce la diffusione di nuove varianti poiché il virus non rispetta confini geografici. E spiego da mesi che nessuno è al sicuro finché tutti non saranno al sicuro: aiutare i paesi più poveri a immunizzare la propria popolazione è un atto di auto-interesse illuminato. Ma perfino durante una pandemia così pervasiva, che ha ucciso milioni di persone e continuerà a mietere nuove vittime, gli interessi nazionali e il profitto privato di alcune aziende sembrano anteposti al diritto alla vita e alla salute di tutti.

Inoltre, in questi giorni abbiamo letto sui giornali alcune affermazioni che ricordano i primi mesi della pandemia:

“Omicron ha acquisito un pezzetto genetico della normale influenza, se fosse così significa che il virus Covid si sta indebolendo“;

Sintomi lievi, no allarmismi”;

“Sintomi lievi e nessun caso grave“;

“I sintomi sono assolutamente blandi. In Europa potremmo essere più che tranquilli“;

“La paranoia da contagio, creata dai media, è una malattia incurabile”.

Alcune analisi condotte in Sudafrica sembrano effettivamente indicare ospedalizzazioni e decessi inferiori rispetto alle varianti precedenti. Tuttavia, le differenze di pericolosità delle due varianti potrebbero essere spiegabili da fattori come l’età media, infezioni precedenti, vaccinazioni o altre variabili. In Sudafrica, l’età media è di 27,6 anni! Dati inglesi suggeriscono che la variante Omicron non sembra meno grave della Delta e che il rischio di re-infezione è 5,4 volte maggiore. Ciò implica che la protezione contro la re-infezione da Omicron offerta da un’infezione passata può arrivare solo fino al 19%.

Lo studio inglese, tuttavia, è stato condotto su un numero limitato di ospedalizzati. L’analisi, inoltre, non è ancora stata pubblicata su una rivista scientifica internazionale. Omicron potrebbe allora effettivamente causare sintomi meno gravi della Delta? È ciò che speriamo tutti. Anche se fosse così, tuttavia, le affermazioni sopra citate (“solo sintomi lievi”, “virus indebolito”, “pandemia finita”) rappresentano chiari esempi di disinformazione.

Dati dalla Danimarca confermano la tesi che la correlazione tra contagi e ospedalizzazioni nelle varianti Omicron e Delta è simile. Ma ciò che preoccupa di questa nuova variante è anche la sua velocità di diffusione che potrebbe causare problemi gravi di sovraffollamento negli ospedali durante le prossime settimane come evidenziato da questa previsione basata su dati della Uk Health Security Agency. Infine, Omicron sembra capace, almeno in parte, di eludere non solo l’immunità derivata da infezioni precedenti, ma anche le vaccinazioni anche se, fortunatamente, il booster o terza dose migliora in modo significativo la protezione.

In un’intervista al Corriere di qualche settimana fa, Andrea Crisanti articolava alcune ipotesi relativamente alla variante Omicron spiegando: “È una variante con elevata trasmissione, altrimenti non avrebbe prevaricato la Delta. Ha un vantaggio selettivo, è più contagiosa. Sarebbe una pessima notizia se si scoprisse che la Omicron è causa di forme di malattia grave. Sarebbe una notizia ottima se invece si capisse che, come sembra sulla base dei primi dati raccolti in Sudafrica, sia responsabile di sintomi lievi”. Poi sollecitato dalla giornalista aggiunge: “[Se Omicron producesse solo sintomi lievi] Sarebbe la prova che l’epidemia è finita perché verrebbe alimentata da una variante che immunizza senza fare male. Significherebbe che il virus starebbe evolvendo verso una minore virulenza. Quindi la comparsa di questo nuovo ceppo non è necessariamente un fatto negativo”. L’autore di un articolo di QuiFinanza, forse desideroso di vedere la pandemia finita (come tutti del resto!) e per questo facile vittima di wishful thinking, è riuscito a (mis)interpretare l’intervista e partorire il titolone: “Variante Omicron, sintomi lievi. Fine pandemia è vicina”.

Si tratta di un perfetto esempio di come si possono distorcere le parole di un intervistato che tenta di enucleare ipotesi plausibili rispetto a un tema delicato. Un ringraziamento particolare va anche ai giornalisti che continuano a dar voce ad alcuni degli stessi “virologi” che avevano già ampiamente dimostrato che le loro conoscenze di salute pubblica non sarebbero bastate a passare l’esame d’entrata di un corso di epidemiologia introduttivo.

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