Inserire al ministero della Giustizia i magistrati che tornano in servizio dopo la candidatura o il mandato elettorale? “Una prospettiva da scongiurare, per il bene della nostra amministrazione, oltre che per l’autorevolezza e la funzionalità della macchina amministrativa pubblica”. A protestare contro l’ultima soluzione trovata da via Arenula per riformare il Csm e l’ordinamento giudiziario è l’associazione dirigenti Giustizia, che raduna i dirigenti dell’amministrazione giudiziaria. Per limitare la porte girevoli tra politica e magistratura, infatti, la guardasigilli, Marta Cartabia, era tornata alla norma contenuta nel disegno di legge dell’ex ministro Alfonso Bonafede: prevede che dopo la candidatura (o il mandato elettorale, in caso di elezione) i magistratin non possano svolgere funzioni giudiziarie, ma saranno inseriti in un apposito ruolo presso il ministero della Giustizia. L’ipotesi inizialmente presentata ai partiti e all’Associazione nazionale magistrati, invece, consentiva il ritorno in magistratura con delle limitazioni, quali il cambio di distretto o il divieto di svolgere le funzioni più delicate.

La previsione di mandare a lavorare in via Arenula i magistrati non eletti e quelli che hanno concluso l’esperienza in politica, invece, ha fatto scendere sul piede di guerra i dirigenti del ministero della Giustizia che hanno inviato una lettera aperta a Cartabia. Per i dirigenti del ministero i magistrati “non sono, in quanto tali, in grado di ricoprire ogni ruolo. Sono reclutati in base ad un impegnativo percorso volto a selezionare chi è adatto all’esercizio della giurisdizione. Non sono ‘figli di un Dio maggiore’ che li abilita a fare tutto – attaccano – I dirigenti della pubblica amministrazione attingono il loro sapere e le loro capacità professionali da un percorso completamente diverso. La possibilità di ottenere una posizione presso il ministero, candidandosi a incarichi politici anche senza successo, determinerebbe una corsa opportunistica, specie da parte di coloro che lascerebbero volentieri una sede lontana (e magari disagiata e gravida di qualche rischio) per tornare a Roma”. Insomma secondo i dirigenti di via Arenula ci sarebbero pure i magistrati pronti a candidarsi pur di andare a lavorare nella Capitale.

“La pletora di ex magistrati altererebbe la funzionalità dell’apparato ministeriale e creerebbe non poco imbarazzo a tutti – continuano – Deve essere piuttosto prevenuta a priori ogni contiguità che consenta ai magistrati in ruolo, e anche a quelli fuori ruolo il cui numero va per questo drasticamente ridotto, di usare le proprie funzioni come trampolino di lancio verso incarichi politici e di governo, mettendo così a rischio la imprescindibile autonomia e indipendenza della giurisdizione. Se è rispettabile l’intento di evitare le ‘porte girevoli’ tra politica e magistratura, non si può risolvere il problema spalancando le porte dei ministeri ai magistrati politici mancati. Si tratta – conclude la lettera alla ministra – di un rimedio decisamente peggiore del male che vuole contrastare. Lesivo della dignità e della necessaria distinzione delle funzioni giurisdizionale, di indirizzo politico, di gestione amministrativa”.

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