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Strage di piazza della Loggia, chiuse le ultime inchieste: due indagati per la bomba del 1974

In azione la procura minorile e quella ordinaria. La prima ha nel mirino Marco Toffaloni, 17enne nel 1974 e attualmente residente in Svizzera con un'altra identità. Il procuratore aggiunto Silvio Bonfigli e la sostituta Caty Bressanelli indagano invece Roberto Zorzi, 68enne originario di Verona, residente negli Stati Uniti. I magistrati: "Articolato corpus probatorio"
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Le inchieste quater sull’attentato di Piazza della Loggia a Brescia sono state chiuse dopo diversi anni e vedono due indagati per concorso in strage. La procura ordinaria e quella dei minori, intenzionate a far luce su chi abbia posizionato l’ordigno che provocò 8 morti e 102 feriti il 28 maggio 1974, indagano su due persone e ritengono di aver ricostruito un “articolato corpus probatorio”.

L’inchiesta dei magistrati minorili riguarda Marco Toffaloni, 17enne nel 1974 e attualmente residente in Svizzera con un’altra identità. All’estero vive hanno l’indagato dalla procura ordinaria: il procuratore aggiunto Silvio Bonfigli e la sostituta Caty Bressanelli hanno messo sotto inchiesta Roberto Zorzi, 68enne originario di Verona, che è residente negli Stati Uniti.

“La chiusura delle indagini – ha spiegato il procuratore capo Francesco Prete – segna il termine per il deposito di un articolato corpus probatorio, frutto delle complesse attività investigative, del contributo conoscitivo fornito da protagonisti dell’epoca”.

In particolare, ha sottolineato il numero uno della procura bresciana, si tratta di informazioni arrivate da “soprattutto” da coloro che “hanno ritenuto di lasciarsi completamente alle spalle l’esperienza politica violenta vissuta in quegli anni”, oltre che da “accertamenti approfonditi” su materiale “in gran parte di nuova acquisizione”.

Se l’impianto accusatorio venisse confermato, ha aggiunto Prete, “inserirebbe la posizione degli odierni indagati, senza fratture, nel quadro già tracciato dal precedente processo Brescia Ter conclusosi nel 2017″ con la condanna all’ergastolo di Maurizio Tramonte e Carlo Maria Maggi, quest’ultimo ritenuto il “regista” della strage.

La bomba esplose in piazza della Loggia durante il comizio finale di una manifestazione antifascista, uccidendo 8 persone e ferendone altre 102. Seguì una lunga e tormentata storia di indagini. Il processo terminato nel 2017 nacque dalla terza inchiesta sulla “pista veneta”. Oltre a Maggi, capo di Ordine Nuovo a Venezia, e Tramonte, informatore dei servizi segreti, era stati imputati Delfo Zorzi, braccio destro di Maggi e processato anche per la bomba di piazza Fontana a Milano, e il generale dei Carabinieri Francesco Delfino. Dopo le assoluzioni per tutti nel 2010 per insufficienza di prove, quattro anni più tardi la Cassazione annullò quelle per Maggi e Tramonte.

La nuova inchiesta su Zorzi e Toffaloni era aperta da diversi anni. Nel 2015 la procura bresciana e i carabinieri del Ros erano anche stati in Svizzera, dove l’allora 17enne vive, per acquisire materiale fotografico che permettesse un riscontro con i testimoni della strage. Un tentativo simile, tre anni più tardi, era stato fatto anche a casa di parenti e conoscenti di Zorzi, veronese, da parte degli uomini del Reparto antiterrorismo.

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