Il Presidente della Repubblica Francesco Cossiga definì Draghi il grande distruttore dell’industria italiana. Ora i fatti gli danno ragione.

L’Italia, negli anni ’60, aveva raggiunto una posizione economica di grande vantaggio nel mondo, classificandosi al quarto posto fra le economie mondiali. Protagonista di questo enorme successo era stato l’intervento dello Stato nell’economia, chiaramente ispirato ai principi costituzionali in materia di rapporti economici, come avvenuto soprattutto attraverso l’Iri.

Sennonché Draghi, il 2 giugno 1992, invitato a salire sul panfilo Britannia ormeggiato a Civitavecchia dalla regina Elisabetta e da altri cento operatori della City londinese, spinse l’Italia verso un forte passo politico: l’intera privatizzazione del suo patrimonio pubblico; questa affermazione è diventata poi il fulcro della sua politica di governo. Iniziò così il declino totale dell’economia italiana con un enorme divaricazione della forbice tra ricchi e poveri e con il licenziamento di migliaia di lavoratori e il verificarsi di gravi costi a carico della cassa integrazione. Insomma un bel capolavoro! Del resto, a questo micidiale sistema economico, ispirato al pensiero neoliberista, avevano già aderito le istituzioni finanziarie internazionali (Fondo monetario internazionale, Banca mondiale per gli investimenti e Wto) e la spinta maggiore fu data dall’ingresso dell’Italia nell’Unione europea, con l’adozione della moneta unica, definita da Serge Latouche “la volpe nel pollaio”.

Citando solo le ultime negative vicissitudini del licenziamento di migliaia di lavoratori, ricordiamo il caso di Alitalia, trasformata nella minuscola ITA, il caso della Whirlpool, quello della Gkn, quello della Giannetti ruote e così via.

Oggi, come un fulmine a ciel sereno, e per giunta in prossimità del Natale, la Caterpillar, leader mondiale nella produzione di macchinari necessari alla costruzione edile, annuncia la delocalizzazione dell’industria di Jesi, gettando sul lastrico 260 famiglie. Il tutto nell’allarmante inerzia del governo. Mentre è assolutamente chiaro che la Caterpillar sta agendo in palese contrasto con il principio operativo di cui all’articolo 41 della Costituzione, secondo il quale “l’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo di recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”.

Pertanto esistono tutti gli elementi giuridici, utilizzabili dal governo e da tutti i lavoratori, per bloccare questa delocalizzazione, chiedendo al giudice ordinario, oltre al risarcimento del danno, la dichiarazione di nullità della delocalizzazione in questione, in quanto l’articolo 1418 del Codice Civile sancisce la nullità di quegli atti contrari ai principi imperativi dell’ordinamento giuridico (nel caso si tratta addirittura di una norma di rango costituzionale).

In realtà, oltre a quanto detto, occorrerebbe che il governo Draghi nazionalizzasse le industrie strategiche, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 43 della Costituzione, riportando nelle mani del governo, senza lasciarle nelle mani dei privati speculatori, le sorti economiche dell’Italia. Ed è per questo che con gran vigore invito tutti ad attuare gli articoli 1, 2, 3, 4, 9, 11, 41, 42, 43 e 118 della nostra Costituzione repubblicana e democratica.

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