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Giorgio De Bona, l’alpinista sopravvissuto una notte in un crepaccio: “Sono caduto a testa in giù in un posto stretto”

"Mi è salita una gran rabbia. 'No'. mi sono detto. 'Proprio a me non può capitare'”. E con tutte le forze che avevo mi sono liberato e mi sono girato". Così il racconto al Corriere del Veneto

di F. Q.

Immaginarsi a un passo dallo strapiombo e dalla morte quasi certa. Difficile, impossibile forse a meno che non si abbia l’abitudine alle ascensioni. Giorgio De Bona, 47 anni, ha passato una notte sul versante tra il monte Cavallo e il Semenza nel Bellunese. Niente telefono (non funzionante), niente di niente. Solo la speranza. I soccorritori hanno ritrovato l’alpinista domenica 19 dicembre: “Sono caduto ad un certo punto senza poter far nulla, a testa in giù alla fine della corsa ero in un posto stretto, incastrato nella roccia. Mi è salita una gran rabbia. ‘No’. mi sono detto. ‘Proprio a me non può capitare’”. E con tutte le forze che avevo mi sono liberato e mi sono girato”. Così il racconto al Corriere del Veneto. La risalita, quasi impossibile: “Nella posizione in cui ero avevo uno strapiombo a sinistra e uno a destra, non potevo fallire altrimenti mi sarebbe stato fatale. Volevo fare il possibile per salvarmi. Sono arrivato su. Quando ho visto il cielo ho tirato un sospiro di sollievo… E poi ho aspettato fissando la sveglia ogni 30 minuti“. Una notte ad aspettare, eppure De Bona non ha avuto davvero paura: “Ero soprattutto dispiaciuto per le persone che erano a casa. Per i miei figli di 13 e 10 anni, Michelangelo e Sebastiano. E per mia moglie Annalisa. Mi hanno aiutato da lontano. Sapevo che dovevo resistere per loro. Sentivo il loro pensiero, il loro aiuto. Senza di loro non sarei nemmeno riuscito a risalire, li avevo davanti ai miei occhi. Li ho avuti lì tutto il tempo. Non avrei mollato per nulla al mondo”. Originario di Alpago, De Bona stava facendo un’escursione con le pelli. Dopo il recupero in elicottero è stato portato all’ospedale di Belluno: ora è stato dimesso e sta bene.

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