Dopo tre anni il Giappone torna ad eseguire le condanne a morte. Si tratta di tre detenuti accusati di pluri-omicidio: un uomo di 65 anni condannato per l’omicidio di sette membri della sua famiglia nel 2004, e di due uomini, di 54 e 44 anni, condannati per duplice omicidio nel 2003. Lo rende noto l’agenzia Kyodo citando fonti del ministero della Giustizia. L’opposizione ha accusato il governo di aver scelto questo periodo dell’anno per le esecuzioni allo scopo di ridurre le critiche, visto che le attività del Parlamento sono sospese. Il ministro della Giustizia Yoshihisa Furukawa ha dichiarato che i tre detenuti avevano commesso reati “estremamente orribili” e di ritenere la pena appropriata.
Le esecuzioni sono condotte in segretezza in Giappone, dove i carcerati non sono informati della loro sorte fino alla mattina del giorno della loro impiccagione. Dal 2007 il Paese ha iniziato a rendere pubblici i nomi delle persone messe a morte e i dettagli dei loro reati. Sono 107 le persone detenute oggi nel braccio della morte in Giappone. Il Paese ha mantenuto la pena capitale nonostante la crescente pressione internazionale, sostenendo che sia necessaria per rispondere alle vittime e soprattutto come deterrente. Insieme agli Stati Uniti, il Giappone è l’unico Paese del G7 a prevedere la pena di morte nel suo ordinamento.