Tempo scaduto. Da ieri i docenti che hanno scelto di non vaccinarsi e non hanno prenotato alcuna somministrazione della dose entro i prossimi venti giorni, hanno ricevuto dai loro dirigenti scolastici la lettera di sospensione dal lavoro e dalla retribuzione, compreso l’assegno “alimentare”. In più è prevista una multa – fatta dal prefetto – che va dai quattrocento ai mille euro; sanzione che viene raddoppiata in caso di reiterazione dell’inadempienza. Un dato nazionale su quanti siano i maestri, i professori e i bidelli no vax non c’è. Abbiamo contattato gli uffici scolastici regionali ma anche lì non hanno ancora fatto alcun monitoraggio. Gli unici numeri che si possono raccogliere, arrivano dagli assessorati all’Istruzione o alla Sanità delle Regioni. In Campania, Elena Fortini, a capo del settore scuola nella giunta di Vincenzo De Luca, contattata da IlFatto Quotidiano.it spiega: “Mancano due mila docenti all’appello. Di questi almeno la metà non può vaccinarsi. Altri non si sottrarranno all’obbligo. A finire sospesi saranno non più di quattrocento”.
Claudio Gaudio della Cisl Scuola parla di 800 lavoratori della scuola che nella provincia di Firenze non hanno colto l’invito a fare l’iniezione contro il Covid. A Roma, ieri mancavano all’appello 650 docenti ma tra questi alcuni si sono messi in malattia per evitare la missiva del dirigente o hanno chiesto di usufruire di permessi almeno fino alla data dell’inizio delle vacanze natalizie. In Italia, al 15 dicembre scorso (data dell’inizio dell’obbligo vaccinale per il mondo dell’istruzione) coloro che non avevano ancora alcuna dose erano il 6% (60-70 mila). Fino a lunedì, queste persone, hanno potuto metter piede tra i banchi ma portando in tasca il green pass dato dal tampone. Nel frattempo, hanno ricevuto la richiesta dei loro presidi a fare il vaccino, a presentare la richiesta di prenotazione o il certificato di esenzione.
Chi non si è mosso resta a casa fino a quando comunicherà l’avvio del ciclo vaccinale primario o la somministrazione della dose di richiamo, e comunque non oltre sei mesi a decorrere dal 15 dicembre. Secondo le voci raccolte tra i dirigenti circa la metà dei 70mila no vax hanno scelto di andare in un hub a mettersi in regola per poter continuare a fare lezione. Tra i restanti 35mila, ci sono gli irriducibili ma anche tanti che stanno facendo esami diagnostici per chiedere l’esenzione al medico curante; che hanno prenotato una vaccinazione per domani o dopo per poi disdirla e/o rinviarla. Infine, c’è chi si è messo in malattia. In quest’ultimo caso si è aperta una voragine d’interpretazione normativa e dal ministero sono arrivate tre note in pochi giorni (nota 1889/21 del 7 dicembre; nota 1927/21 del 17 e nota 1929/21 del 20) che, piuttosto che chiarire hanno alimentato confusione e difficoltà tra personale e dirigenti scolastici sulle modalità applicative dell’obbligo vaccinale.
Gli uffici del ministro Patrizio Bianchi nei giorni scorsi hanno ribadito ai presidi che il decreto legge 26 novembre 2021, numero 172 non prevede deroghe all’obbligo vaccinale per il personale scolastico e che, dunque, “a prescindere dalle vicende contingenti che interessano i singoli rapporti di lavoro, la vaccinazione costituisce per tutto il personale della scuola, anche se assente dal servizio, requisito essenziale per lo svolgimento delle attività lavorative”. Tradotto: anche chi è in malattia deve fare l’iniezione contro il Covid. Un’indicazione che molti capi d’istituto non hanno rispettato e che ha trovato l’obiezione di parte del sindacato (Gilda).
Lunedì una nuova comunicazione che cita la cosiddetta “infermità”. “Il ministero – spiegano alla Flc Cgil – ha introdotto ulteriori elementi che risultano inesatti se non addirittura inesistenti sul piano normativo e contrattuale. Il termine “infermità” è infatti rinvenibile nell’articolo 17 del Ccnl 2006-2009 come sinonimo di malattia e non come istituto a sé stante, come sembrerebbe lasciar intendere la nota. Nel documento, infatti, si afferma che non sono soggetti a verifica coloro che “versano nelle condizioni di infermità, previste dalla normativa vigente e certificate dalle competenti autorità sanitarie, che determinano l’inidoneità temporanea o permanente al lavoro”. L’ennesimo caos, in un momento in cui è difficile trovare i supplenti di questi docenti al punto che molti capi d’istituto son pronti a ricorrere ai laureandi in previsione della ripresa di gennaio.