È durata solo sei giorni la legge che consentiva l’estrazione di minerali nella provincia del Chubut, nella Patagonia argentina. Dopo massicce proteste da parte di cittadini, ambientalisti, sindacati e persino dei vescovi, il parlamentino regionale di Rawson – la città capoluogo – ha deliberato all’unanimità l’abrogazione della contestata legge mineraria. Scatenando la festa per le strade. “Ecco a cosa serve lottare, è un trionfo storico”, commentano alcune organizzazioni per la giustizia ambientale. Ventitré deputati sui 27 collegati alla seduta online hanno votato contro la legge, mentre fuori dal palazzo della Camera centinaia di manifestanti chiedevano a gran voce l’abrogazione. Ma non finisce qui: nei prossimi mesi, come richiesto dal governatore locale Mariano Arcioni, si terrà un referendum vincolante per “ascoltare tutte le voci del popolo”, decidendo se procedere o meno con l’attività mineraria. Una soluzione che i contrari alla “megaminiera” nell’Altopiano di Chubut hanno già bocciato, facendo sapere che continueranno a opporsi in qualunque modo all’iter. “La nostra opinione è già per le strade: migliaia di no”.
Negli ultimi sei giorni la provincia nel Sud dell’Argentina è stata teatro di manifestazioni partecipate, blocchi stradali e violente proteste, sfociate in danneggiamenti e incendi. Su tutti, quello al palazzo del governo e quello al giornale El Chubut, condannati fermamente dalle istituzioni locali. Non meno violente sono state le reazioni delle forze dell’ordine, tra gas lacrimogeni, proiettili di gomma e arresti. Mercoledì 15 dicembre, infatti, la stessa Camera di Chubut aveva approvato – con 14 voti a favore e 11 contro – la legge sulla zonizzazione mineraria, che consentiva l’estrazione di argento, rame e piombo nei dipartimenti di Telsen e Gastre. Un’apertura contestata dalle organizzazioni ambientaliste, preoccupate per i rischi ambientali derivanti dalla “megaminiera”, in particolare l’uso di sostanze inquinanti come lo xantato, che avrebbero privare di acqua potabile una zona già in crisi idrica. Le proteste – a cui si sono uniti i sindacati e i vescovi della Chiesa cattolica della Patagonia – hanno convinto anche alcuni sindaci precedentemente favorevoli all’opera a ritirare il proprio sostegno politico.
A voler sfruttare il “progetto Navidad”, uno dei più grandi giacimenti vergini al mondo, è la società mineraria canadese Pan American Silver, che secondo i movimenti sociali aggirerebbe il divieto di utilizzare il cianuro nell’attività estrattiva, inquinando il fiume Chubut. I tentativi di mettere le mani sul giacimento durano da quasi 20 anni: nel 2003, infatti, i cittadini di Esquel si espressero con un referendum sull’estrazione di oro e argento da parte di Meridian gold un’altra compagnia canadese. Oltre l’80% votò no. Da allora venne posto il divieto di utilizzare il cianuro all’aperto. Lo scorso maggio l’Assemblea legislativa provinciale aveva ignorato le quasi 31mila firme di cittadini che chiedevano una legge contro lo sfruttamento minerario. Ma non ha potuto fare lo stesso di fronte alle mobilitazioni di massa. Si vedrà se la resistenza della Patagonia si trasformerà in una vittoria definitiva.