Massimo Benvegnù/Mattia Bertoldi – Andare a scuola Hollywood (Las Vegas edizioni) - 7/10
Well, well, well… Anzi no. Mica va tutto bene. I cinecomic con la loro evanescenza puberale ci stanno sfrangando gli zebedei e allora preferiamo evocare un’altra colonizzazione culturale tardoadolescenziale, quella sanissima e innocente che ha avuto luogo tra cinefili, veri nerd e pregeek anni ottanta/novanta con l’affermazione della cosiddetta “educazione scolastica” all’americana tra cinema e tv in Italia. Ecco allora il mondo delle high school e dei college, di Animal House e di Beverly Hills 90210, di Happy Days e Dawson’s Creek. Quegli otto anni per arrivare al pezzo di carta del bachelor’s degree che Benvegnù (recuperate il suo biopic su Peter Weir – Filmare l’anima – che è da applausi) e Bertoldi evocano nella mistica tipica dei fan e nel dettaglio infinitesimale degli esperti. Scorrono così, divisi in due parti cronologicamente successive rispetto alle classi frequentate dai protagonisti di serie e film, il campus e i campi da basket e di football, le adorate amate cheerleader, “i laboratori di chimica dove si sezionavano – bleah – le rane”, i party alcolici e le compunte biblioteche ma soprattutto l’inquadratura chiave del genere: il corridoio con armadietto e cambio aula. Andare a scuola a Hollywood è vortice esperienziale, viaggio corpuscolare nella memoria, e testimonianza storica che mostra oltretutto cosa significhi pagare profumatamente l’educazione universitaria ai figli negli Usa (70mila euro l’anno nel privato, se va bene). Tante le playlist a corredo, tra cui il capitolo #nonsoloKeating (rifacendosi proprio al personaggio di Robin Williams de L’attimo fuggente) con i prof che hanno segnato l’immaginario. Parere nostro: Jack Black/Dewey Finn di School of rock è il numero uno (dopo John Keating, of course).