Vecchio come il cucco, ma anzianità è sinonimo di prestigio e autorevolezza. Il Premio Fondazione Napoli, istituzione della Cultura made in sud, fu fondato nel 1954 (solo un anno dopo il Premio Bancarella), ha avuto presidenti di rilievo come Domenico Rea e Sergio Zavoli. Poi è entrato in una zona d’ombra. Ma con il presidente Domenico Ciruzzi, avvocato penalista al top, che tra un’arringa e una difesa, gli ha tolto quello strato di polvere vetusta. Sperimentando anche nuovi linguaggi letterari che nel suo mandato ha ricercato e valorizzato, con queste parole il sindaco Manfredi lo ha elogiato. Con Ciruzzi intanto si è cambiato location e dal Teatrino di Corte di Palazzo Reale di Napoli ( che poi tanto teatrino non era) si è passati al Teatro Stabile Mercandante, più capiente, ieri sera era affollatissimo. Vincitore assoluto per la Narrativa Nicola Lagioia con “La città dei vivi” (Einaudi). Categoria Poesia Carmen Gallo con “Le fuggitive” (Nino Aragno). Mentre la Saggistica ha incoronato Riccardo Falcinelli con “Figure” (Einaudi).
Tra i Premi speciali: NAPOLETANI ILLUSTRI Silvio Orlando. Si è formato a Napoli nei teatri off di sperimentazione degli anni 70. Pur con la necessità di rinnovarla, non ha mai rinnegato la grande tradizione teatrale napoletana. Rifuggendo la deriva della napoletaneria, ha ribaltato ogni cliché sulla napoletanità, diventando un grandissimo attore della scena internazionale.
Il PREMIO NAPOLI per la Cultura va a Franco Arminio, paesologo di quella terra incantata e difficile che è l’Irpinia profonda, emblema di tutto un Meridione fatto di monti, valli e borghi/presepi. In un rapporto viscerale che si nutre di ancestrali passioni, di interessi storici e antropologici.
Il PREMIO NAPOLI INTERNAZIONALE a Emmanuel Carrère la sua scrittura è una lunga lotta tra il racconto e l’io, un incontro e scontro tra il corpo letterario e la vita degli altri. L’opera di Emmanuel Carrère apre la mente del lettore, lo obbliga a guardare dentro se stesso. Nel suo ultimo lavoro, Yoga, Carrère si mette a nudo, racconta un suo vissuto intrecciato con Charlie Hebdo nel 2015, attraversa la depressione, il ricovero e la lenta risalita verso la normalità.
Per il Gran finale si esibisce sul palco Assia Fiorillo cantautrice insolita che in tempi di comodi equilibrismi racconta con la sua arte da che parte stare. La sua musica spalanca le porte di Napoli e contamina jazz, pop, elettronica e tradizione con linguaggi internazionali.