“Dobbiamo difendere la normalità raggiunta e questo significa niente chiusure“. Così parlava Mario Draghi il 22 dicembre, facendo intendere che le misure anti-Omicron – da approvare il giorno successivo in Consiglio dei ministri – non avrebbero messo i sigilli ad alcun settore, ma solo innalzato le precauzioni (come d’altra parte prevedeva la bozza diffusa giovedì pomeriggio). Invece è arrivata la sorpresa: discoteche e sale da ballo richiudono (di fatto) fino al 31 gennaio, nonostante le promesse sul fatto che coi vaccini e il green pass quella stagione sarebbe finita. È l’ennesima mazzata per il comparto che ha sofferto di più la crisi economica, restando inattivo dall’inizio della pandemia (con una breve tregua nell’estate 2020) fino all’11 ottobre scorso, quando ai locali notturni è stato concesso di riaprire con capienza ridotta alla metà. Uno spiraglio durato a conti fatti neanche tre mesi. E se non bastasse, a portare in politica la voce dei gestori – che parlano di “accanimento” contro la categoria – non è rimasto più nessuno: anche la loro storica sponda, quella leghista, sembra averli abbandonati. Solo il sottosegretario alla Salute Andrea Costa, in serata, parla di “provvedimento difficile e sofferto“, e assicura: “C’è la consapevolezza che parliamo di un settore che ha sofferto tantissimo, che va sostenuto anche economicamente“.
Gli esponenti del Carroccio, però – abituati a tuonare contro chiusure di ogni tipo – restano in silenzio di fronte alla restrizione più pesante degli ultimi mesi. Anzi, la votano compatti in Consiglio dei Ministri, ottenendo in cambio – dicono – la rassicurazione di adeguati ristori (di cui però non si sa ancora nulla). Un voltafaccia che ha fatto arrabbiare parecchio il direttivo nazionale del Silb (Sindacato italiano locali da ballo), riunito oggi in via urgente. Tace soprattutto Giancarlo Giorgetti, il ministro dello Sviluppo economico che delle discoteche si è sempre proclamato paladino, ma stavolta – da buon governista – ha scelto di non mettersi di traverso. Eppure è lo stesso che a settembre si stracciava le vesti: “Penso, ahimè, penso alle discoteche e alle sale da ballo che ancora oggi non possono svolgere la loro attività. In tutti i Consigli dei Ministri io chiedo di valutare la riapertura, perché ha un significato simbolico, il diritto al lavoro per migliaia di lavoratori, che oggi il governo non è in grado di garantire”.
Silenzio anche dal segretario leghista Matteo Salvini, che sempre a settembre lanciava anatemi: “Qualcuno per ideologia si è dimenticato sale da ballo, balere, discoteche, inspiegabilmente, una scelta folle, senza nessuna giustificazione”, attaccava, tirando in ballo i “300mila posti di lavoro” e il “diritto allo svago sicuro”. Addirittura, diceva, tenere chiusi i locali notturni era “un pregiudizio ideologico contro i giovani”, che “qualcuno odia”. Ora che le piste appena riaperte dovranno chiudere per Capodanno (una serata che da sola vuol dire il 15% della stagione, come riporta il Silb) tutto tace. Paradossalmente, l’unica voce critica riportata dalle agenzie viene da un partito fedelissimo al governo: è quella di Daniela Sbrollini, senatrice di Italia Viva. “Le capriole del Ministero e del Cts hanno veramente stancato, in questo modo umiliando la dignità, la vita e il lavoro degli imprenditori e dei lavoratori del mondo della notte”. Sembra di sentire il Giorgetti dei tempi d’oro.