Aveva fatto bonificare il proprio ufficio per tentare di neutralizzare le indagini l’ex capo della Protezione civile della Regione Puglia, Mario Lerario, in carcere dal 23 dicembre per corruzione dopo essere stato arrestato in flagranza con una bustarella da diecimila euro pagata da un imprenditore di Foggia. È quanto emerge dall’ordinanza con la quale il gip di Bari ha accolto la richiesta di custodia in carcere per Lerario e ha disposto gli arresti domiciliari per due imprenditori: il foggiano Luca Ciro Giovanni Leccese, l’uomo che avrebbe consegnato la mazzetta, e Donato Mottola, imprenditore del barese accusato di aver consegnato a Lerario un’altra bustarella da ventimila euro il 22 dicembre, solo 24 ore prima dell’operazione. Il gip Anna Perrelli ha convalidato l’arresto del dirigente accogliendo le richieste del procuratore Roberto Rossi e dell’aggiunto Alessio Coccioli, che coordina le indagini dei finanzieri agli ordini del colonnello Luca Cioffi. Ed è dalle 64 pagine dell’ordinanza che emergono il nuovo episodio corruttivo e i tentativi di Lerario di disinnescare le microspie piazzate dai finanzieri nei suoi uffici.
Il sistema degli appalti – L’inchiesta ha preso il via dagli accertamenti avviati dalla Procura sulla creazione dell’ospedale Covid alla Fiera del Levante di Bari, nel gennaio 2021. Le indagini, però, hanno permesso di evidenziare “un quadro di riferimento più ampio, diverse presunti illeciti nella gestione dell’attività contrattuale della Regione Puglia” e in particolare nelle sezioni Provveditorato Economato e Protezione Civile, che erano sotto la direzione di Lerario. Il sistema ricostruito dai finanzieri è quello dello spacchettamento di grossi appalti in diversi affidamenti di minor valore che poteva permettere la gestione discrezionale del dirigente. Le attività investigative hanno così permesso di accertare l’esistenza di un “turbine” di rapporti tra Lerario e gli imprenditori che hanno in essere contratti di appalto affidati dalla Regione Puglia.
La mazzetta da diecimila euro… – Su tutti spicca quella di Leccese, rappresentante legale della Edil Sella Srl unipersonale, con sede a Foggia, che si occupa di attività edilizia anche ospedaliera. Secondo l’accusa, è grazie ai rapporti privilegiati con Lerario che Leccese ha ottenuto dalla Regione Puglia una certificazione per la sua azienda: un documento inizialmente negato da una funzionaria, sulla quale però sono intervenute le pressioni del dirigente. Un documento non di poco conto, come racconta lo stesso imprenditore nelle conversazioni intercettate, che avrebbe consentito all’impresa di accrescere di molto il suo valore “potendo partecipare – si legge negli atti – a gare molto remunerative”. Com’è ormai noto è stato proprio leccese – come ha ammesso anche ai pm Rossi e Coccioli – a consegnare la bustarella da diecimila euro a Lerario: uno scambio filmato dalla microcamera che i finanzieri del Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Bari hanno installato nell’auto del dirigente regionale. La mattina del 23 dicembre, l’imprenditore gli ha consegnato un cestino natalizio posizionandolo nel portabagagli, poi ha sistemato il denaro (200 banconote da 500 euro) nel vano portaoggetti.
…e quella da ventimila – Solo 24 ore prima, però, Lerario aveva fatto visita a un altro imprenditore, Donato Mottola (titolare della Demco Engineering) che lo ha omaggiato di un pacco che conteneva due chili e mezzo di “manzetta” (un pregiato taglio di carne) ma anche una “mazzetta” da 20mila euro. Mottola, ignaro di essere intercettato, sembra scherzare sulla vicenda con la moglie in una conversazione poco dopo l’incontro: “Ho dato la manzetta… ho dato la mazzetta… ho dato tutte cose” e la donna ribatteva: “Tutti felici e contenti, va bene”, aggiungendo l’espressione dialettale “chist so l’ove!”, che letteralmente si traduce con “ecco le uova” ma nella sostanza significa “questo è il mondo“. Per il giudice, quel mondo è composto da “una fitta rete di rapporti tra il pubblico ufficiale e gli imprenditori coinvolti” ed è caratterizzato “dall’asservimento, in cambio di un tornaconto personale, della funzione pubblica del primo agli interessi economici dei secondi”. Interessi che potrebbero non essere conclusi dato che gli imprenditori hanno altri appalti in corso con la Regione Puglia.
Le esigenze cautelari – Nelle scorse ore il dirigente ha fatto le prime ammissioni durante l’interrogatorio di garanzia e l’inchiesta potrebbe espandersi verso nuovi fronti. Ed è anche per questo che il gip ha accolto la richiesta di custodia cautelare in carcere, motivando la decisione con il rischio di reiterazione del reato e di inquinamento delle prove, visti i suoi tentativi di bonificare gli uffici. Segnale che non solo temesse di essere scoperto, ma che evidentemente in quelle stanze non tutte le conversazioni fossero normali chiacchierate di lavoro. Inoltre, dagli atti si apprende che Lerario non è nuovo alle aule di giustizia: è sotto processo anche a Potenza, con l’accusa di corruzione.