Agricoltura e industria hanno sofferto le difficili condizioni climatiche che stanno mettendo a dura prova il sistema energetico nazionale. E mentre la Banca Centrale continua ad aumentare i tassi, le prospettive restano fosche, soprattutto per la parte più fragile della popolazione
Solo un bambino su quattro, tra quelli che ricevono assistenza dal governo, ha tre pasti al giorno. È questa l’amara fotografia della crisi che ha colpito il Brasile, ufficialmente in recessione e con un’inflazione a doppia cifra. Agricoltura e industria hanno sofferto le difficili condizioni climatiche che stanno mettendo a dura prova il sistema energetico nazionale. E mentre la Banca centrale continua ad aumentare i tassi, le prospettive restano fosche, soprattutto per la parte più fragile della popolazione.
In recessione – Con un Prodotto interno lordo contrazione da due trimestri consecutivi, il Brasile è ufficialmente in recessione tecnica. Dopo il calo dello 0,4% del secondo trimestre 2021, secondo i dati forniti dall’IBGE – Instituto Brasileiro de Geografia e Estatística, il terzo trimestre si è archiviato con una nuova diminuzione del Pil dello 0,1 per cento. Un risultato che colloca il Brasile nella parte bassa della classifica della crescita tra i Paesi monitorati dall’Ocse: solo Islanda, Australia, Sudafrica, Argentina, Giappone, Indonesia e Messico hanno presentato una performance del Pil peggiore nel terzo trimestre. In valori correnti, il Pil brasiliano ha raggiunto nel trimestre 2,2 trilioni di real (341 miliardi di euro) ed è del 3,4% al di sotto del punto più alto di attività economica del Paese, toccato nel primo trimestre del 2014. Al momento, il Pil è tornato sui livelli di fine 2019 e inizio 2020.
Il crollo agricolo – Nonostante l’aumento dell’1,1% dei servizi, che rappresentano oltre il 70% del Pil, l’indice è stato influenzato al ribasso dal calo delle esportazioni (-9,8%) e della produzione agricola (-8%). Secondo Rebeca Palis, coordinatrice dei Conti Nazionali dell’IBGE, il calo del settore agricolo è stato soprattutto una conseguenza stagionale del raccolto della soia, concentrato nei primi due trimestri dell’anno. “Essendo la soia la principale commodity brasiliana, la produzione agricola complessiva tende a diminuire nella seconda metà dell’anno. Inoltre, l’agricoltura ha avuto una base di confronto elevata, poiché è stata l’attività che è cresciuta di più durante il periodo della pandemia e, quest’anno le prospettive non sono state così positive”. La produzione agricola ha dovuto far fronte all’anno di magra nell’alternanza biennale del caffè, che ha registrato un calo del 22,4 per cento. Inoltre, il difficile quadro climatico ha inciso sul calo della produzione di cotone (-17,5%), di mais (-16%), e della canna da zucchero (-7,6%).
Industria in ginocchio – Se il settore primario piange, il secondario non sorride. A ottobre il Brasile ha registrato un calo della produzione industriale dello 0,6%, proseguendo una serie negativa che ha raggiunto adesso i cinque mesi, con l’ottavo risultato negativo degli ultimi nove mesi. A novembre, l’Indice di Fiducia dell’Industria calcolato dall’Instituto Brasileiro de Economia della Fundação Getulio Vargas (Ibre/FGV) è diminuito per il quarto mese consecutivo e ha toccato il valore più basso da agosto 2020. Si fanno sentire non solo le difficoltà di accesso alle materie prime, a causa delle pressioni sulle supply chain globali e della svalutazione della moneta, ma anche le conseguenze della dura crisi idrica ed energetica provocata da una delle più gravi siccità attraversate dal Paese da un secolo a questa parte. Ancora il clima, dunque. Il Brasile fa affidamento sull’energia idroelettrica per i due terzi della sua elettricità, ma i livelli di acqua hanno toccato i minimi storici. Non sono mancati nelle scorse settimane gli appelli del presidente Jair Bolsonaro a spegnere le luci per risparmiare energia, così come gli aumenti dei prezzi dell’elettricità per finanziare le nuove centrali elettriche a biomassa, generatori fotovoltaici e parchi eolici, oltre alle inevitabili importazioni di energia.
Cresce la disuguaglianza – Questa delicata situazione ricade sulle spalle di una popolazione già gravata da una protratta svalutazione della moneta che alimenta una crescita dei prezzi che sembra inarrestabile. Secondo IPEA – Instituto de Pesquisa Econômica Aplicada, organizzazione pubblica sotto l’ala del ministero dell’Economia, il Brasile dovrebbe chiudere l’anno con un’inflazione del 10%, in netta crescita rispetto all’1,9% registrato nel 2020, e ai massimi dal 2003. Tuttavia, per i ceti medio-bassi la crescita dei prezzi dovrebbe spingersi fino all’11,4%, mentre per i più ricchi dovrebbe fermarsi al 9,3%, favorendo l’ampliamento della forbice sociale.
Oltre a quelli dell’elettricità, crescono i prezzi del gas residenziale (in media del 35% solo quest’anno) e del cibo. Nel terzo trimestre, al netto dell’inflazione, i salari dei brasiliani si sono ridotti del 4% e oggi solo il 26% dei bambini tra i due e i nove anni, tra quelli che ricevono assistenza sanitaria governativa, riesce a mangiare tre pasti al giorno, secondo i dati del Sistema de Vigilância Alimentar e Nutricional del Ministero della Salute. Nel 2018 erano il 62%, nel 2016 il 76 per cento. Le ultime stime disponibili raccontano di 116,8 milioni di brasiliani costretti all’insicurezza alimentare, ben oltre la metà della popolazione. Quasi 20 milioni coloro che non hanno accesso al cibo per almeno 24 ore.
Futuro incerto – Con questi indicatori economici e sociali, la stagflazione (cioè la combinazione di stagnazione e inflazione) potrebbe essere arrivata per restare. Deboli appaiono gli effetti dell’azione del Banco Central do Brasil, che continua ad aumentare i tassi d’interesse. L’ultimo rialzo di 150 punti base è della scorsa settimana, dopo lo stesso aumento di fine ottobre, e i rialzi di 100 punti base di giugno, agosto e settembre e di 75 punti di marzo e maggio. Oggi i tassi sono al 9,25% e per la prossima riunione del Comitê de Política Monetária si “prevede un altro adeguamento della stessa portata”, ha dichiarato l’istituto.
Itaú Unibanco e Credit Suisse stimano per il 2022 un calo dello 0,5% del Pil, più ottimista Barclays che punta su una crescita, pur tagliando le proiezioni per l’anno in corso dal 4,8% al 4,5%, e per il 2022 dallo 0,6% allo 0,3 per cento. “In Brasile, i segnali di rallentamento economico continuano ad aumentare, suggerendo che la ripresa ciclica post-pandemia sia finita”, scrive il capo economista di Barclays, Roberto Secemski, in un rapporto. “La combinazione di alta inflazione e aumento dei tassi di interesse pone una sfida importante per le vendite di beni, per il reddito e il credito, rispettivamente”. E per il 2022 persistono rischi di ribasso, considerando anche il “previsto aumento della volatilità prima delle elezioni di ottobre”, ricorda Secemski.