Al momento solo la vaccinazione ha consentito a un paese come l'Italia di avere 30mila morti in meno rispetto a un anno fa. L'ad di Pfizer prevede di produrli ancora per "anni". Così a un anno esatto dal V-day, quando sono iniziate le prime preziose somministrazioni dei vaccini ilFattoquotidiano.it ha chiesto ad alcuni scienziati cosa quest'anno ha significato sul fronte scientifico e della campagna. E soprattutto quale scenario si apre per il futuro
Vaccini diversi, come quello proteico di Novavax approvato il 20 dicembre dall’Ema, e aggiornati sulla dilagante variante Omicron, come quelli che promettono (e mettono a bilancio) Pfizer-Biontech e Moderna. E poi anticorpi monoclonali usati come profilassi per chi non può ricevere per motivi sanitari i composti per prevenire Covid-19. È passato esattamente un anno dall’inizio della campagna vaccinale anti Covid in Italia, ed è chiaro che il fronte di resistenza alla pandemia dovrà reggersi anche nei prossimi mesi e, con ogni probabilità, nei prossimi anni sull’utilizzo dei vaccini. “Anni” è, infatti, la parola usata dall’amministratore delegato di Pfizer, Albert Bourla, che in una conference call con gli analisti avvenuta a inizio novembre, ha risposto in più occasioni che la produzione di antivirali (non ancora approvati) andrà di pari passo con quella dei vaccini per molto tempo: “Perché finché avrai il Covid in giro, avrai bisogno di vaccinare e proteggere e allora avrai bisogno di curare e salvare vite. Penso che stiamo parlando di anni, credo, di durata. Ma ovviamente, questo resta da vedere”.
Un futuro prossimo. Il futuro immediato è quello che vedrà almeno gli over 60 e i fragili ricevere il vaccino annualmente, come accade con l’antinfluenzale. L’altra è una speranza: riuscire a immunizzare con i vaccini proteici una parte di coloro che finora hanno rifiutato gli altri composti. Vaccini nuovi quindi e/o ricalibrati (nel giro di tre mesi dovrebbero arrivare le versioni 2.0 tarate su Omicron di Pfizer e Moderna) in modo da respingere anche la mutazione, rilevata per la prima volta in Sudafrica poco più di un mese e mezzo fa e già dominante in alcuni paesi europei. Perché se è vero che un giorno potremo avere in tasca gli antivirali da prendere al primo incedere dei sintomi della malattia innescata da Sars Cov 2, allo stesso non sappiamo quando. Al momento solo l’immunizzazione ha consentito a un paese come l’Italia di avere trentamila morti in meno nel periodo ottobre-dicembre rispetto all’anno precedente eanche decine di migliaia di ricoveri evitati. Così a un anno dal V-day, quando sono iniziate le prime preziose somministrazioni dei vaccini – che venivano consegnati ricordiamolo con la scorta dell’esercito – ilFattoquotidiano.it ha chiesto ad alcuni scienziati cosa quest’anno ha significato e soprattutto cosa ci aspetta nel futuro.
Il richiamo annuale per gli over 60 e l’importanza di vaccinare i bambini
I vaccini che utilizziamo sono stati sviluppati “sul virus di Wuhan – ricorda Giovanni Di Perri, primario di Malattie infettive dell’ospedale Amedeo di Savoia e direttore della Scuola di specializzazione in Malattie Infettive dell’Università di Torino – che non era già più quello che ha circolato da noi. Nel 2020 la variante predominante è stata D614G dopodiché sono arrivate Alpha e Delta. E siamo ancora in piena incertezza per capire quali saranno le coordinate di Omicron. L’efficacia protettiva dei vaccini però c’è stata eccome. In Italia abbiamo aperto le scuole, siamo andati allo stadio, al cinema, al ristorante. L’impegno è raddoppiato rispetto a un mese e mezzo fa perché i casi sono aumentati di dieci volte. Il vaccino funziona ma – ragiona lo scienziato – occorre ottimizzarne l’uso perché qualcosa è correggibile: la terza dose per esempio e poi la copertura dei bambini che rappresentano un terzo dei nuovi casi. Si tratta del migliore investimento che possiamo fare. Il rendimento del vaccino è molto intenso nei più piccoli, rispetto già ai 50enni perché genera una memoria immunitaria molto forte che potrà essere rinnovata ma soprattutto evocata più in là negli anni, vaccinare un 80enne non porta allo stesso risultato. Il successo del vaccino è proporzionale rispetto all’uso che ne hanno fatto i paesi, contemporaneamente l’Italia ha avuto il Green pass”.
Successi che solo in apparenza sembrano appannati dalla nuova mutazione che ha costretto alcuni paesi, tra cui il nostro, a misure che si sperava fossero archiviate: “Certo c’è l’incognita varianti, Omicron ha destato particolare interesse perché ha una magnitudo di modificazione particolarmente diversa, ma con tre dosi di vaccino sappiamo che la protezione dalla malattia è alta. Come sappiamo che il virus circola anche nei vaccinati. Pfizer e Moderna aggiorneranno la struttura molecolare del vaccino perché sia in grado di coprire le varianti. Arriverà poi Novavax, un vaccino proteico, che potrebbe per esempio convincere quella parte di no vax che è sostiene, sbagliando, che i vaccini a Rna modifichino il Dna. Anche Sanofi-Pasteur – rivela Di Perri – è al lavoro su un altro vaccino proteico, è sviluppato con una proteina diversa dal primo virus più simile a quella della prima variante sudafricana. che per fortuna ha circolato poco. Insomma dall’aggiornamento tecnico della specificità dei vaccini avremo qualche garanzia in più. Codificheremo poi i nostri comportamenti che spero porteranno presto a trasformare il Covid in una banale infezione un po’ come successe con l’influenza. Il Covid è il problema più difficile dalla seconda guerra mondiale, il vaccino è una ipotesi di soluzione e per ora idee migliori non ce ne sono state. Nel futuro magari ci saranno le pillole che avremo in tasca da prendere ai primi sintomi. La pandemia rischia di fare a pezzi la nostra società: è stato dato troppo spazio a chi pensava che il Covid fosse finito, la questione sanitaria non è mai stata risolta e forse questo ha creato aspettative e affiliazioni”.
Perché i vaccini permettono il contagio e la necessità della terza dose
Un anno dopo le prime somministrazioni abbiamo anche imparato che i vaccini sono in generale un scudo potente dalla morte, dalla malattia grave ma non dal contagio soprattutto a partire dal terzo mese dopo la seconda dose. “Questi vaccini non danno quella immunità che è rappresentata dalle immunoglobuline di tipo A secretorie – spiega Massimo Clementi, professore ordinario e direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano -. Questo aspetto va sottolineato perché questo pezzo manca alla nostra immunizzazione che è quella delle immunoglobuline presenti nelle mucose. Se mi infetto con una influenza ‘classica’ H3n2 sviluppo degli anticorpi di Igm e Igg che circolano nel sangue e un tipo di anticorpi che si chiamano Iga secretorie che vengono piazzate tra una cellula e l’altra dell’albero respiratorio. Sono immunoglobuline che vengono secrete a livello dell’albero respiratorio e rappresentano la prima barriera della immunità specifica. Perché questa immunità sia evocata è necessario però che il vaccino passi per la via da dove passa il virus che infetta. Quando ci fu la vaccinazione contro la poliomielite c’erano due vaccini all’inizio: Salk (vaccino con virus ucciso) e quello di Sebin che si prendeva per via alimentare a gocce con la zolletta di zucchero. Quest’ultimo aveva la particolarità del virus attenuato che moltiplicava nelle cellule dell’intestino ed evocava una immunità che in questo caso era anche costituita dalle Iga secretorie che si piazzavano nella mucosa intestinale: quando arrivava il virus lo bloccavano immediatamente non consentendo che due-tre cicli di replicazione. La possibilità di evocare questa immunità con i vaccini anti Covid la vedo però lontana”. I vaccini a virus attenuati sviluppati in Cina non hanno brillato per efficacia e quello belga ideato e messo a punto con la stessa tecnica dalla Valneva, con cui l’Unione europea ha firmato un contratto, non si è dimostrato in grado di migliorare le prestazioni di altri vaccini nello studio inglese sulla vaccinazione eterologa.
Una certezza però è che “la terza dose dà una solidità alla risposta immunitaria che le altri due dosi non conferivano: e la vaccinazione eterologa dà una copertura migliore. Quest’anno anno è stato importantissimo perché ci ha fatto comprendere che le perplessità sui vaccini a mRna erano sbagliate, sul campo si sono dimostrati più efficaci e duttili mentre sulla durata dell’immunizzazione ancora sono sappiamo. Hanno protetto dalla malattia e dalle conseguenze gravi. Di fronte a una variante diffusiva e patogena come Delta i vaccini hanno retto la difesa non del singolo, ma della popolazione. C’è un altro aspetto quello dei vaccinati che si contagiano: in generale per pochi giorni con basse cariche virali e si ammalano raramente”. L’importanza della terza dose è sottolineata anche da Fabrizio Pregliasco, virologo e professore do Igiene e Medicina Preventiva alla Statale di Milano: “Ho fatto la prima dose il 27 dicembre, l’ho fatta per dimostrare che ci credevo e ci credo. Non pensavo tutto a tutto quello che sarebbe avvenuto dopo. Durante la recente mia visita all’Arco della Pace a una manifestazione no vax ho sentito posizioni assurde e ho visto chiusure: una incomunicabilità da parte di questa persone rispetto alla vaccinazione. A suo tempo mi era sentito privilegiato e più sereno per affrontare la mia attività quotidiana. Ora ci sono altre nuvole all’orizzonte e ancora angoscia. La terza dose è una cosa fondamentale. Il lavoro è tanto ed è difficile. Le vaccinazioni hanno avuto queste difficoltà nelle adesioni che è difficile da far passare rispetto all’approccio terapeutico”. Un approccio che al momento non è ancora realtà.
“Il Covid in un vaccinato ha una letalità simile se non inferiore all’influenza”
L’invito di Guido Silvestri, professore ordinario e direttore del dipartimento di Patologia Generale e Medicina di Laboratorio alla Emory University di Atlanta (Usa) è come sempre quello di basarsi sulla scienza “e non sulla propaganda, o sulle agende politiche e/o mediatiche, e tantomeno sulla pseudoscienza. Fidandoci (di chi la scienza ha dimostrato di saperla fare sul campo. Non è il principio di autorità, ma solo un po’ di sano buon senso. I vaccini sono lo strumento più efficace e l’unico veramente sostenibile per limitare i danni del Covid, per cui vanno promossi al massimo, comprese terze dosi, bambini e paesi poveri. Il Covid in un vaccinato ha una letalità simile se non inferiore all’influenza. Abbiamo detto tutto”. Ci sono poi le terapie da implementare “ma evitando l’errore di considerarle come un’alternativa ai vaccini. E comunque parliamo di terapie dal forte razionale scientifico e supportate da evidenza clinica, come monoclonali, Paxlovid e (forse) Molnupiravir, non di fantomatiche ‘terapie domiciliari precoci’. Silvestri ricorda ancora una volta come sia importante potenziare e flessibilizzare i servizi sanitari: “Perché se non impariamo questo non abbiamo imparato nulla dalla pandemia. Le malattie infettive epidemiche, come Covid, vanno ad ondate, e per non andare ogni volta nel panico bisogna aumentare la capacità ricettiva del sistema. Ci vogliono soldi? E soldi si trovino”.
Un altro capitolo che deve appartenere al passato per Silvestri è quello delle restrizioni “soprattutto per i soggetti pienamente vaccinati, per i quali sarebbero inutili, vessatorie, e devastanti dal punto di vista comunicativo. Quindi bene il Green Pass, anche ‘rafforzato’, ma evitiamo i lockdown, che sono una ‘soluzione’ dolorosa, poco efficace, e comunque non sostenibile”. C’è poi l’aspetto della disinformazione: “Questo è il punto più difficile, me ne rendo conto, ma almeno bisogna pensarci. Non si dovrebbe dare spazio pubblico – dice Silvestri – e mediatico a chi dice che i vaccini sono acqua fresca piena di microchip, e neanche a chi farnetica di genocidio svedese. I lettori seri meritano rispetto. Il virologo chiede di evitare le politicizzazioni e di evitare il sensazionalismo mediatico, anche perché non c’è solo il virus: “Questa è l’altra grande tragedia del Covid, di cui solo pochi parlano. La tragedia di chi, a causa delle restrizioni (e della loro continua minaccia), ha perso lavoro, reddito, casa, a volte anche il senno. Che poi sono i più deboli e poveri, tanto per cambiare, in Italia come nel mondo”. Capitolo a parte quello dei bambini: “Che sono le vittime indirette e silenziose della pandemia. Mentre alcuni chiedono di chiudere le scuole, i pediatri di mezzo mondo vedono un aumento vertiginoso di malattie psichiatriche nei minori – soprattutto i più poveri. Non possiamo più far finta di nulla, è un dovere morale verso i nostri figli. I soggetti vaccinati devono tornare a vivere normalmente, punto. Homo sapiens è un animale sociale, e la nostra società deve tornare a funzionare come prima di Covid – per questo ci difendiamo da questo virus con il vaccino, proteggendo noi stessi e chi ci sta intorno. È brutto dirlo, ma non saremo noi vaccinati a pagare il prezzo delle decisioni sbagliate di altri”.