Il giudice della capitale Port Luis, Ida Dookhy Rambarrum, ha condannato a 20 mesi di carcere il capitano e il suo primo ufficiale. Il primo, durante il dibattimento tenutosi mercoledì 22 dicembre, ha ammesso di aver bevuto a bordo e di non essersi accorto che la nave aveva toccato il fondo del mare a Pointe d'Esny, riversando tonnellate di petrolio in mare
Sunil Kumar Nandeshwar, il capitano del cargo giapponese Mv Wakashio che nel luglio del 2020 si incagliò su una barriera corallina nella costa sud-orientale dell’isola di Mauritius, è stato condannato a 20 mesi di carcere da un tribunale della capitale Port Luis, secondo quanto riportano i media britannici. Il giudice Ida Dookhy Rambarrum ha confermato la stessa pena anche per il primo ufficiale della nave che arenandosi sul reef delle Mauritius disperse circa 4mila tonnellate di petrolio, causando così il peggior disastro ambientale mai verificatosi nell’Oceano indiano. A seguito dell’incidente, tre marinai impegnati nelle operazioni di bonifica della marea nera persero la vita cappottandosi con il loro rimorchiatore. Più di 1.000 tonnellate di petrolio sono filtrate nelle acque ricoprendo mangrovie, coralli e altri fragili ecosistemi prima che le squadre di soccorso fossero in grado di rimuovere tutto il carburante rimanente. Nei giorni successivi all’incidente, migliaia di volontari si sono schierati lungo la costa indossando stivali di gomma e guanti, strofinando rocce e mettendo insieme cordoni di fortuna per contenere la marea oleosa.
I due sono stati giudicati colpevoli di aver “messo in pericolo una navigazione sicura”. Come afferma la Bbc, il capitano Nandeshwar ha ammesso nel dibattimento del processo di aver “bevuto moderatamente” durante una festa di compleanno a bordo prima che il Mv Wakashio si incagliasse. Nandeshwar e il suo primo ufficiale, Hitihanillage Subhoda Janendra Tilakaratna, sono stati giudicati colpevoli ai sensi della legge del 2007 sulla navigazione mercantile. Il capitano ha detto di aver dato l’ordine di avvicinarsi alle acque mauriziane “in modo che l’equipaggio potesse ricevere il telefono per fare chiamate alle loro famiglie”.
Poi la nave si è incagliata a Pointe d’Esny, luogo turistico di fama mondiale per le sue barriere coralline, noto per la fauna rara e designato come sito di importanza internazionale dalla convenzione di Ramsar. È lì che, secondo quanto ha riportato il capitano nel processo tenutosi mercoledì 22 dicembre: “A un certo punto, la nave non poteva muoversi e aveva toccato il fondo del mare”.
“Dato che ho bevuto qualche drink, non mi è sembrato utile intervenire e non mi è venuto in mente che stavamo navigando così vicino”, ha provato a difendersi Nandeshwar, che già nel luglio scorso si era scusato con i mauriziani. Al momento dell’incidente, Greenpeace Africa aveva avvertito che “migliaia” di specie animali erano “a rischio di annegare in un mare di inquinamento” con conseguenze disastrose per l’economia, la sicurezza alimentare e la salute del paese. Secondo il periodico inglese, il primo ufficiale Tilakaratna ha fatto appello alla corte perché dal suo arresto ancora non ha visto la sua famiglia.