Stretta in arrivo sui pagamenti in contante. Dal primo gennaio, come previsto dal decreto fiscale del 2020, il tetto scenderà dagli attuali 2mila a mille euro. Con l’anno nuovo dunque si tornerà al livello fissato nel 2011 dal decreto Salva Italia e poi elevato a partire dal 2016 dal governo Renzi, con il risultato secondo Bankitalia di favorire l’economia illegale. La misura punta a rafforzare la lotta al nero e la strategia cashless. Che ha però perso un pezzo con l’abolizione del cashback decisa dal governo Draghi, mentre scatteranno solo dal 2023 – dopo anni di melina e per effetto di un emendamento di Stefano Fassina (Leu) e Rebecca Frassini (Lega) al decreto Recovery – le multe da 30 euro più il 4% del valore della transazione per negozianti e professionisti che rifiutano di accettare il bancomat o le carte di credito come forme di pagamento. Da notare che il pos è già obbligatorio dal 2014, come previsto dal decreto 179/2012. E da quest’anno è stato innalzato al 100% il credito d’imposta che era stato introdotto dal governo Conte sulle commissioni per i pagamenti elettronici addebitate agli esercenti che acquistano, noleggiano o utilizzano registratori di cassa ad hoc.
Fratelli d’Italia durante l’esame della legge di bilancio ha fatto pressioni per modificare al rialzo la soglia al contante ma il governo ha fatto muro. Lega e Forza Italia, da sempre a favore di un regime più soft, non hanno potuto fare asse con il partito di Giorgia Meloni per garantire gli equilibri della maggioranza. Salvini e Berlusconi hanno però, in uno degli ultimi colloqui, rinnovato l’impegno ad alzare il limite di spesa.
Margini per ulteriori modifiche prima dell’arrivo del nuovo anno ora non ce ne sono più: la manovra infatti deve ancora essere esaminata dalla Camera ma il testo arriva a Montecitorio blindato. Il passaggio in commissione e in Aula si annuncia formale, anche perché il via libera definitivo sarà incassato a un soffio dall’esercizio provvisorio. Confermate dunque tutte le misure più importanti della legge di Bilancio del governo Draghi: la nuova Irpef a 4 aliquote (23%, 25%, 35%, 43%) che insieme alle nuove detrazioni avvantaggia maggiormente i redditi medio alti, l’addio all’Irap per 835mila autonomi, il pacchetto contro il caro energia che comprende la possibilità di spalmare in 10 rate le bollette. Rinnovati poi tutti i bonus casa, da quello mobili a quello idrico, e soprattutto allargato il 110% con l’eliminazione del tetto Isee di 25mila euro per i proprietari di villette unifamiliari. I partiti, M5s in testa, alla fine l’hanno spuntata sul governo che pure rivendica le ragioni della propria contrarietà (aumento dei prezzi dei materiali e delle frodi, ha detto Draghi in conferenza stampa).
Modifiche all’ultimo sono arrivate per i lavoratori dello spettacolo: la dote in loro favore che il Parlamento voleva portare nel 2022 da 20 a 70 milioni scende, dopo i rilievi della Ragioneria, a 40 milioni. Altrettanti ne sono previsti l’anno successivo. Ma non è l’unico paletto fissato dai guardiani dei conti pubblici: la riduzione dell’accisa sulla birra viene limitata al prossimo anno (si passerà dagli attuali 2,99 euro per ettolitro e per grado-Plato a 2,94) e si restringe ai soli dipendenti del settore privato l’indennizzo da mille euro per i lavoratori fragili che hanno visto interrompere l’erogazione dell’indennità dall’Inps, dopo essere stati messi in malattia perché impossibilitati a lavorare in smart working.