A otto anni dalla sua fissazione, il soffitto di 240mila euro l'anno si sposta per la prima volta verso l'alto: potrà essere ritoccato nei limiti dell'adeguamento annuale degli stipendi riconosciuti ai dirigenti di Polizia e forze armate e ai docenti universitari. Ma la novità avrà effetto solo a partire dal 2023
A otto anni dalla sua fissazione, il soffitto di 240mila euro l’anno agli stipendi dei dirigenti pubblici (equivalente alla retribuzione del capo dello Stato) si sposta per la prima volta verso l’alto. È una delle novità contenute nel maxi-emendamento del governo alla legge di Bilancio approvata al Senato, inserita – curiosamente – in un comma dell’articolo 17-bis, che disciplina l’accesso al Fondo indennizzo risparmiatori coinvolti nei crac bancari. Il limite retributivo, si legge, potrà essere ritoccato al rialzo nei limiti di una percentuale fissata dall’Istat, che equivarrà a quella degli adeguamenti annuali degli stipendi riconosciuti ai dirigenti di Polizia e forze armate e ai docenti universitari, che a propria volta è tarata sugli “incrementi medi conseguiti nell’anno precedente dalle categorie di pubblici dipendenti contrattualizzati”.
Come ricorda il Sole 24 Ore, la tornata di adeguamenti in discussione all’Aran (l’agenzia che negozia i contratti collettivi delle pubbliche amministrazioni) prevede un aumento del 3,78%: una trasposizione secca di questa percentuale sul limite massimo dei compensi pubblici sposterebbe il tetto a quota 249mila euro. Ma la modifica potrà aver effetto solo a partire dal 2023, perché l’effetto dei rinnovi contrattuali ricadrà nelle buste paga dei dipendenti nel 2022. In questo modo, i dipendenti che toccano il limite potranno vedersi aumentare lo stipendio nella stessa percentuale del resto del personale del proprio comparto: gli interessati sono i vertici amministrativi dei grandi ministeri, delle magistrature e delle autorità indipendenti, ma non la maggior parte dei dirigenti (compresi quelli di prima fascia).
“Salta il tetto dei 240 mila euro di retribuzione per i dirigenti. Invece di pensare ad alzare gli stipendi a milioni di persone che pur lavorando non arrivano alla fine del mese, invece di intervenire per un salario minimo e dignitoso, il governo ha pensato ancora una volta a chi ha già risorse a sufficienza”, attacca il segretario nazionale di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni. “Hanno pure approvato una norma per consentire ai vertici delle aziende pubbliche e ai dirigenti statali di sforare il tetto dei 240mila euro annui di retribuzione. Davvero complimenti alla maggioranza del governo dei migliori che pensa a favorire i pochi, mentre danneggia i molti”, chiosa.