"Non c'è nessun motivo per avere rabbia. Quando conosci una persona che fa parte del tuo mondo radiofonico, anche se non era una persona intima, ed è una storia che hai seguito da vicino, il dispiacere c'è", le parole del conduttore de La Zanzara su Radio24
Mauro Buratti, 61 anni, è morto a causa del Covid-19. Era uno dei più noti “interventisti” del programma radiofonico La Zanzara dove per tutti era “Mauro da Mantova“. Dichiaratamente no-vax, era ricoverato nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale di Borgo Trento, Verona. Complottista, negazionista e vittima di teorie strampalate. L’ex carrozziere aveva annunciato di essere andato in un supermercato con la febbre a 38 e la mascherina abbassata. L’insistenza del conduttore Giuseppe Cruciani aveva portato al ricovero, rivelatosi tardivo.
Cruciani, prevale il dispiacere o la rabbia?
“La rabbia no, non c’è nessun motivo per avere rabbia. Quando conosci una persona che fa parte del tuo mondo radiofonico, anche se non era una persona intima, ed è una storia che hai seguito da vicino, il dispiacere c’è.”
Ha cercato di convincerlo.
“Ho fatto di tutto per convincerlo, la settimana in cui ha rifiutato il tampone e il ricovero dopo i sintomi è stata fatale. Pensavo, sbagliando, dopo tre settimane che il passare del tempo potesse aumentare le speranze. Era convinto di avere una semplice influenza, quando ha capito che si trattava di Covid o comunque che doveva ricoverarsi ho fatto intervenire un amico primario e alla fine è partito per Verona”.
In queste ore si leggono commenti in cui prevale il dispiacere umano, dall’altra il sottotesto sembra essere molto chiaro “se l’è cercata”.
“Queste sono cose miserabili, ognuno vive la propria vita come vuole. Dico che definirlo no-vax era anche riduttivo, viveva di complotti in generale. Passava la sua vita sui complotti della grande finanza, della lobby ebraica e cose simili.”
Nei commenti sotto al suo post c’è chi scrive: “Continua a lottare contro le lobby anche da lassù”. C’è tanta strada da fare, anche per i giornalisti.
“Io non ho mai dato consigli, non penso che il giornalismo debba dare dei consigli. Mauro era convinto di cose che facevano parte del suo DNA. Un complottismo a prescindere, già prima del Covid. Stiamo parlando di una persona che era convinta che Parenzo fosse il figlio di Riccardo Schicchi.”
Concedere la ribalta ai complottisti non è dannoso per loro e per l’informazione in generale?
“Capisco la domanda ma una trasmissione come la nostra ha un microfono aperto. Mauro era spesso ospite a La Zanzara, per un anno non c’è più stato. Ribalta non credo sia la parola giusta, aveva creato un suo canale Youtube.”
Si rischia l’effetto megafono, argomento discusso. Si fa il controcanto ma ci sono responsabilità?
“Io non mi sento responsabile, c’è chi è già convinto di suo. Da noi Parenzo ha posizioni molto chiare, io credo che le persone siano responsabili del proprio destino a prescindere da cosa ascoltano. Se ascoltano o meno la nostra trasmissione, se si vogliono convincere di qualcosa lo fanno comunque, leggendo su internet, guardando un video o ascoltando la radio.”