Arslan Faiz, di origine pakistana, stava aspettando il rimpatrio nel proprio Paese deciso da un provvedimento del prefetto di Chieti lo scorso 18 agosto. L'uomo si era velocemente radicalizzato e sui social postava foto e video inneggianti alle milizie talebane, invitando i propri connazionali a commetere azioni violente
I carabinieri del Raggruppamento operativo speciale (Ros) hanno arrestato Arslan Faiz, un giovane di origini pakistane, con l’accusa di istigazione a delinquere aggravata da finalità terroristiche. La ragione del provvedimento, disposto dalla Direzione antimafia (Dda) dell’Aquila, si fonda su indagini che hanno documentato la “continua attività di propaganda apologetica, tramite Facebook, consistente in post e commenti a favore dei metodi terroristici e delle vittorie delle milizie talebane“.
L’uomo, che da tre anni viveva a Francavilla al Mare, vicino Chieti, ha attraversato “un rapido ed intenso processo di autoradicalizzazione islamica – continua la nota delle forze dell’ordine – che ha assunto connotazioni estremiste“. Lavorava in un autolavaggio e già il 18 agosto scorso il prefetto della città marchigiana aveva emesso nei suoi confronti un provvedimento di espulsione dal territorio nazionale. L’uomo si trovava quindi in attesa del rimpatrio mentre pubblicava post e commenti a favore dei Talebani che avevano appena conquistato Kabul. Secondo gli inquirenti, Faiz ha inoltrato a più persone, via WhatsApp, video e foto di propaganda jihadista, con l’intento di istigare a commettere delitti.
Dalle indagini degli inquirenti è emerso che Faiz si rivolgeva in lingua urdu ai propri contatti social residenti in Italia e in Pakistan pubblicando immagini elogiative dei Talebani e in particolare dell’organizzazione terroristica Tehrik-i-Taliban Pakistan (Ttp). Sul suo telefono, precedentemente sequestrato, sono stati infatti rinvenuti molti video e fotografie, alcuni dei quali anche pubblicati e condivisi sui social, dei campi di addestramento in Afghanistan, di miliziani armati, effigi di Osama Bin Laden e dei leader talebani, con espressioni elogiative nei confronti delle organizzazioni jihadiste invitanti anche esplicitamente al martirio contro gli “infedeli”.