Massimiliano Ossini era un ragazzino introverso e balbuziente che aveva persino il timore di alzare la mano per rispondere ai professori. Oggi è uno dei volti rassicuranti della Rai, dov’è cresciuto professionalmente diventando uno dei punti di riferimento sui temi ambientali e della sostenibilità. Che ora porta in prima serata con Kalipè – A passo d’uomo, cinque puntate in onda su Rai 2 da mercoledì 29 dicembre, programma che ha ideato lui stesso e che è stato realizzato in maniera interna, senza nemmeno un minuto di immagini acquistate. «Ho realizzato uno dei miei più grandi sogni professionali: se ripenso al ragazzino timido che ero, mi sembra quasi impossibile», racconta a FqMagazine.
Per girare Kalipè ci sono voluti quattro mesi. Il posto che l’ha stupita di più?
L’Islanda. Non c’ero mai stato. Mi hanno colpito l’abbraccio totale della natura e lo spirito di accoglienza della popolazione.
C’è un posto che si è rivelato molto diverso da come se lo immaginava?
Le Hawaii. È uno dei viaggi che sognavo da sempre: mi aspettavo una bellezza da sogno ma ho capito che andiamo a cercare cose straordinarie dell’altra parte del mondo quando spesso le abbiamo dietro casa. Certo, lì ho fatto il bagno con gli squali e non credo mi ricapiterà più.
Il momento più complicato delle riprese?
La difficoltà è stato girare in pieno Covid, tra mille restrizioni. L’unico vero intoppo è stato in America. Nonostante il visto strategico, io e il regista siamo stati fermati all’arrivo in Nevada: ci hanno bloccato in uno stanzino senza nemmeno poter parlare. Incredibile.
Il momento più assurdo?
Tutti mi chiedono: «Chissà che bagni da sogno vi siete fatti alle Maldive». Nemmeno uno. Quando registravamo c’era il sole, appena finivamo scattava la pioggia. Nella stagione dei monsoni, in mezzora cambia tutto.
Nel pieno della quarta ondata di Covid, s’immagina l’invidia di vederla girare il mondo e l’Italia…
L’obiettivo non è innescare un moto di invidia ma di meraviglia. Dobbiamo tornare a stupirci davanti alle cose belle e al tempo stesso pensare a cambiare il nostro stile di vita. Tutti siamo consapevoli di stare utilizzando molte più risorse di quante il pianeta ne produca: dobbiamo invertire la rotta e per farlo dobbiamo modificare i nostri comportamenti sbagliati.
Lei ai suoi figli cosa spiega?
Che basta molto poco per fare bene. Non sprecare l’acqua, non lasciare le luci accese in casa. O limitare l’utilizzo di tablet, smartphone e pc: se tutti li usassimo un’ora in meno al giorno, sarebbe un risparmio energetico enorme. E devo dire che in particolare a mio figlio John piace essere virtuoso.
Negli ultimi tempi molti influencer e volti noti si sono improvvisamente scoperti attenti alla natura e ai cambiamenti climatici: non trova un po’ stucchevole questa posa ambientalista?
Spesso lo fanno per aumentare i like, è evidente. Ma sa cosa le dico? Che alla fine l’importante è che di questi temi se ne parli, purché ci si affidi a persone e a fonti affidabili. Magari qualcuno andrà oltre i like e proverà a cambiare il suo stile di vita.
La spaventa il debutto in prima serata?
(ride) Diciamo che dormo poco e male in questi giorni. Ma fa parte del mestiere: l’emozione c’è sempre, non solo quando si va in onda in diretta. Io sono soddisfatto del prodotto, del messaggio che lanciamo e anche del linguaggio scelto che strizza l’occhio ai giovani.
Giovani che però guardano sempre meno la tv generalista.
Avendo tre figli giovani conosco bene i loro gusti. Anche se è complicato, dobbiamo sforzarci di parlare anche a un pubblico più giovane: per questo ho giocato con la musica, con il montaggio e soprattutto con la spettacolarità delle immagini. Conduco dallo Skyway Monte Bianco, faccio il bagno con gli squali, mi arrampico ovunque: anche quello è un modo per catturare la loro attenzione.
Poi però deve fare i conti con Rai2, che non vive una delle sue stagioni migliori dal punto degli ascolti.
Rai2 però è da sempre una rete che ha sempre sperimentato. E ora lo fa portando in prima serata un programma che parla di ambiente e natura unendo la divulgazione e lo spettacolo.
A proposito di spettacolo: in ogni puntata ci sarà un ospite famoso, da Nek a Niccolò Fabi. Mi dice come ha convinto Sting a partecipare?
Gli abbiamo semplicemente mandato il progetto. Mi avevano detto: «Non farà più di 3 minuti e 50». Invece siamo arrivati nella sua tenuta in Toscane e ci ha accolto in maniera speciale, offrendoci anche il cocomero. Raccontiamo le sue campagne per l’ambiente, la sua attenzione per il territorio.
Kalipè significa in himalayano “a passo lento e corto”. Lei ci riesce ad andare a passo lento e corto?
Da quando ho scoperto l’amore per la montagna sì. Ad un certo punto mi sono reso conto che non mi stavo godendo ciò che avevo, era tutto un rincorrere, una frenesia inutile. Oggi mi sento molto più fortunato perché ho capito a quale passo devo andare per vivere e non sopravvivere.
In montagna ha però rischiato anche la vita. Cosa accadde sull’Adamello?
Durante una cordata scivolai in un crepaccio. Nonostante mi fossi preparato, l’imprevisto è sempre dietro l’angolo: il rischio zero non esiste.
In quei momenti cosa pensò?
Ricordo solo tanta paura e molto panico. E un’immagine: un muretto che da bambino non riuscivo mai a saltare. Era come se quella paura non fossi mai riuscita a superarla.
Che bambino è stato?
Timido, insicuro e balbuziente. Mi vergognavo anche a chiedere un bicchiere d’acqua. Sono stato molto preso in giro, perché avevo anche una voce molto acuta e mi scambiavano per una bambina.
La timidezza come l’ha superata?
È rimasta latente, la riconosco ancora dentro di me: una parte di me mi farebbe restare fermo. L’insicurezza invece provo a superarla con lo studio e la preparazione.
L’aspetto fisico l’ha aiutata?
Fino ai 17 anni non era un lato che consideravo. Poi sono cambiato. Ho cominciato a lavorare sul fisico per combattere insicurezza. L’allenamento mi serviva per corazzarmi, per difendermi dagli attacchi esterni. Quando sei insicuro, pensi che tutto il mondo ce l’abbia con te.
Tornando al passo corto e lento: per uno che fa il suo mestiere non è un limite?
Forse sì, ma non m’interessa la sovraesposizione a tutti i costi: sa quante carriere promettenti ho visto bruciarsi così? Non m’interessa essere sempre in onda, anche se a livello economico paga di più.
Che fa, gioca di sottrazione?
No, semplicemente stare in video tanto per starci non mi appartiene. Lo lascio fare agli altri, così non ci calpestiamo i piedi. Non è che voglia fare meno, ma fare il giusto.
Cos’è il giusto per lei?
Linea Bianca, ad esempio. In termini di risposta del pubblico, è il programma che mi ha dato e mi dà di più in assoluto.
A proposito di Linea Bianca: lo spostamento per fare spazio a Dedicato, con Serena Autieri, ha penalizzato i vostri ascolti.
Sì, ma ha aiutato la rete perché siamo passati in quella fascia dal 6% al 12%. Certo, lo scorso anno facevamo 2,5 milioni di spettatori contro la corazzata De Filippi, ma non ho paura delle sfide: in poco tempo abbiamo raddoppiato gli ascolti, speriamo di crescere ancora.
Lei ha cominciato vent’anni fa con Disney Club. Com’è che non è mai finito in mezzo scandalo come invece è accaduto a parecchi dei suoi colleghi?
(ride) Se si riferisce a Britney Spears o a Lindsay Lohan direi che le cose non sono paragonabili: in America avevano una popolarità clamorosa e guadagni assurdi. Le ascese improvvise sono un po’ come camminare sui bicchieri di cristallo. Da noi era un tv di nicchia, non eravamo delle star. Mi ricordo che io, Alvin e Alessandro Cattelan facevamo di tutto oltre a condurre, dal montatore al fonico.
L’etichetta di “bravo ragazzo” però da allora le è rimasta appiccicata addosso. Le piace o la irrita?
Nemmeno la considero. Tanti personaggi sono stati definiti bravi ragazzi e poi si è scoperto che erano dei mascalzoni.
Però appare sempre preciso e impostato. Un lato trasgressivo, un po’ stropicciato ce l’ha?
(ride) Non sono impostato, semplicemente mi piace entrare nelle case della gente con il giusto garbo. Non ho un lato trasgressivo e se anche ci fosse lo coltiverei nel privato.
Ogni tanto sui social torna virale il suo scontro con Oliviero Toscani, a UnoMattina Estate. Lei decise di non mostrare la foto che immortalava un bambino morto durante un naufragio e il fotografo abbandonò lo studio.
Quando lavoravo alla Disney c’era un team di psicologi che ci spiegava l’attenzione per ciò che mandavamo in onda e l’utilizzo dei linguaggi corretti. È un insegnamento che mi è rimasto. In quella fascia oraria secondo me era sbagliato trasmettere una foto così forte. La bravura del conduttore sta anche nel tenere la barra dritta e mi spiace solo per il tono dello scontro: quelli troppo accessi, in tv, li trovo squallidi e da spettatore cambio canale.
In vent’anni di carriera c’è stato un momento di difficoltà in cui ha pensato “mollo tutto”?
Mollo tutto non l’ho mai pensato ma dopo Linea Verde nel 2010, quando non mi proposero nulla, vissi un momento di grande incertezza, un down che durò diversi mesi. Se non sei solido, se non hai imparato a coltivare altro nella vita, c’è il rischio concreto di deprimersi.
Il suo piano b se l’è coltivato?
Sì, produco birra e pasta, ho un’azienda che fa packaging con un brevetto sulla paglia compostabile. L’attenzione per l’ambiente e la natura ce l’ho sempre.
Il suo grande sogno professionale?
Kalipè era il mio sogno e l’ho realizzato. Ora mi piacerebbe portare in rai Sei più bravo di un ragazzino di quinta, che feci su Sky. È un gioco stimolante e intelligente, perfetto per il servizio pubblico.