Il 26 giugno 2020 un clochard si è presentato all’ospedale di La Spezia in pessime condizioni. Lo hanno operato e gli hanno asportato un rene, poi è stato trasferito in una struttura di degenza di Levanto, dove gli viene fatta una domanda, semplice in apparenza: “Come ti chiami?“. Ma, alla risposta: “Vincenzo B., nato a Marsala l’11 marzo 1960″, gli addetti dell’ospedale scoprono che si tratta di un uomo che il tribunale di Trento ha dichiarato morto nel 2011.
La storia di Vincenzo, raccontata dal Corriere della Sera, ha tutti gli elementi di un film: un fratello gemello, 44 anni nel nulla e un ritorno con colpo di scena. Tutto inizia in Sicilia, quando ancora adolescente Vincenzo lascia la famiglia per raggiungere Trento e lì studiare in un istituto alberghiero. Poi, il buio fino al 2020. “Forse una depressione“, ipotizza uno degli investigatori dei carabinieri che con la Procura di La Spezia e l’aiuto del clochard stesso ha provato a ricostruire la storia, sollecitati dall’avvocato Miria Giannoni, amministratore di sostegno per Vincenzo nominato dalla Regione Liguria.
Ancora non si conosce esattamente né la ragione che lo ha spinto ad abbandonare gli studi né dove e come abbia trascorso questi anni. Secondo i carabinieri ha girato l’Italia chiedendo l’elemosina, vivendo per strada e “rubacchiando unicamente per sopravvivere”, specifica un maresciallo, che si è affezionato a Vincenzo. Nove anni fa, riporta La Nazione, l’uomo era stato controllato a Prato dove, non avendo documenti e non avendo dichiarato alcun nome, ai militari non rimase che registrare le impronte digitali.
Quel gesto di routine anni dopo ha permesso di trovare un match con le impronte che la procura spezina diretta da Antonio Patrono ha preso al clochard. Così si è saputo che il nome che aveva dato era quello vero. In ogni caso è arrivata la conferma di uno dei fratelli, a cui sono state mostrate le foto, che ha detto semplicemente: “Certo, è Vincenzo“. Quando ha saputo della sua “resurrezione“, ha però dichiarato di non potersi prendere cura di lui, dal momento che non vive in buone condizioni economiche. Era stato lui, residente nel Friuli Venezia Giulia, a portare davanti al Tribunale di Trento le carte per certificarne la morte, dal momento che non aveva notizie di quel fratello partito adolescente dal 1977, a 17 anni. L’altro fratello, quello gemello, è invece morto da tempo.
Per Vincenzo una seconda vita è cominciata all’istituto di mediodegenza di Levanto, dove si è fatto amare da tutto il reparto Dialisi diretto da Marco Persia. Grazie alle impronte digitali, il Tribunale di La Spezia ha potuto dichiarare, per quanto sembri assurdo, “l’esistenza in vita di Vincenzo B.“. I passi per completare l’opera di “rinascita” sono prima di tutto una carta d’identità: “Gli servirà per aiuti, per ottenere un sostegno”, ha detto un’infermiera. Poi ha concluso: “Lui ci dice sempre che noi siamo la sua famiglia e che da qui non se ne vuole andare”.
(Foto di repertorio)