Dallo staff di Mario Draghi è arrivato il via libera alla terza deroga in tre anni, mentre per le “medie” tutto resterà come lo scorso anno: nessuno scritto e solo una maxi prova orale
La maturità 2022 sarà un compromesso tra quella light degli anni precedenti (senza scritti) e quella pre Covid: ci sarà il classico scritto di italiano, la tesi di diploma sulle discipline d’indirizzo e un colloquio orale.
Dopo la notizia pubblicata dal Sole24Ore arriva la conferma da fonti vicine al ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi: l’ordinanza è pronta e anche palazzo Chigi ha approvato.
Una decisione che divide il mondo della scuola tra chi (la maggior parte) plaude al ritorno di almeno una prova scritta e chi pensa che andrebbe rivisto l’esame di Stato alla luce anche della pandemia.
Intanto, il dado è tratto: nei giorni scorsi viale Trastevere ha inviato a palazzo Chigi un dossier con tre ipotesi prese in considerazione dal professore ferrarese. Dallo staff del premier Mario Draghi è arrivato il via libera all’idea di un esame nuovo, la terza deroga in tre anni mentre per le “medie” tutto resterà come lo scorso anno: nessuno scritto e solo una maxi prova orale.
Dopo le pressioni da parte di intellettuali e professori per reintrodurre le prove scritte, abolite dall’ex ministra Lucia Azzolina quando la scuola era stata prevalentemente a distanza, si è trovata una via di mezzo che sembra accontentare molti.
I 500mila maturandi di quest’anno, a giugno, dovranno affrontare il cosiddetto tema che seguirà le linee guida approvate dalla commissione Serianni istituita da Valeria Fedeli quando era a capo del dicastero dedicato alla Scuola. Gli argomenti proposti ai ragazzi saranno trasversali a tutti gli indirizzi e riguarderanno gli ambiti storico artistici; letterari; filosofici; scientifici; tecnologici; economici e sociali.
La seconda parte dell’esame sarà la tesi di diploma e riguarderà le specifiche discipline d’indirizzo. L’argomento della tesi sarà affidato ai ragazzi dai propri docenti e lo studente sarà seguito da un professore di riferimento. Infine, il colloquio orale partirà dall’approfondimento della tesi di diploma, ma sarà occasione anche per parlare di educazione civica e delle esperienze di scuola alternanza/lavoro.
Un risultato che accontenta molti docenti che da anni sono impegnati a svolgere l’esame di Stato. Gian Carlo Visitilli, professore di lettere in un liceo pugliese, scrittore, nominato spesso presidente di commissione alla maturità non ha dubbi: “Non poteva che essere così. Non possiamo educare i ragazzi alla scrittura e non avere un momento in cui possono dimostrare ciò che hanno imparato. È una questione di credibilità della Scuola. L’esame di Stato non dev’essere di facciata. Mi sarei indignato se non avessimo reintrodotto lo scritto anzi avrei inserito anche il secondo di indirizzo”.
Dello stesso parere la professoressa di lettere Josita Bassani, del tecnico Torriani di Cremona: “Ben venga il ritorno dello scritto. In quest’ultimi anni c’è stata meno attenzione verso questa forma di espressione e i ragazzi spesso hanno difficoltà a scrivere”.
Non solo. La docente cremonese, collaboratrice della preside Roberta Mozzi, sottolinea un aspetto poco considerato: “Non si dica che questo esame è semplificato perché la nuova prova orale è per nulla facile. I ragazzi fanno fatica ad esprimersi e un’ora di colloquio fatta in maniera autonoma è per loro una bella sfida”.
La critica di Josita Bassani è rivolta ai colleghi: “Tre quarti di loro vorrebbero fare ancora un’interrogazione ma non è così. Il ministero, stavolta, ha dimostrato di essere più avanti dei docenti”.
Ad essere soddisfatto della scelta del governo è anche il Gruppo di Firenze per la scuola del merito e della responsabilità che nelle scorse settimane aveva scritto una missiva al ministro dell’Istruzione, firmata da molti intellettuali, per chiedere di tornare alle prove scritte.
Una dei sottoscrittori di quella lettera era Elsa Fornero, docente di economia all’Università di Torino, ex ministro del Lavoro nel governo Monti che a ilfattoquotidiano.it spiega: “È un buon compromesso. Il concetto non è facile da spiegare ai ragazzi, ma optare per le facilitazioni non è fare il loro bene. Non vogliamo infierire, ma la scuola deve fare di più per affrontare un esame di Stato normale in una situazione non facile come quella della pandemia. Evitiamo che si dica ‘sono i diplomati del Covid‘”.
Una critica arriva, invece, da Enrico Galliano, professore di lettere alla secondaria di primo grado, scrittore e noto volto di Rai Gulp: “Sono felice del ritorno della prova scritta alla maturità; mi dispiace che si salti anche per quest’anno alle medie: dopo due anni di esperienza ci dovrebbero essere tutti i mezzi per poterlo fare anche a distanza, e toglierlo con la sola motivazione del Covid è insensato, oltre che un vero controsenso, dato che quasi in tutte le scuole siamo stati sempre in presenza fino adesso”.
Non mancano, tuttavia, i dubbi. Antonello Giannelli, numero uno dell’Associazione nazionale presidi non è così convinto che sarà questa la soluzione finale: “Siamo così sicuri che la pandemia non cambierà ancora l’esame? Aspetterei ancora qualche mese prima di scegliere una modalità o l’altra perché non sappiamo cosa accadrà a breve. In ogni caso servirebbe un totale ripensamento dell’esame di Stato”.
E proprio su quest’ultimo argomento si sofferma anche il professore e scrittore Christian Raimo: “La maturità è un feticcio. Il momento dell’esame di Stato dovrebbe concludere un percorso che non sappiamo ancora come sarà nei prossimi mesi. È come se ci occupassimo dei nostri figli solo il giorno della festa di compleanno”.