Il nuovo anno sta per arrivare, portando con sé un picco nelle statistiche sui contagi e – presumibilmente – un’altra carrellata di mesi in cui Sars-CoV-2 occuperà gran parte dello spazio d’informazione, sui media e nei vari palinsesti tv. Ma la vita non è tutta rose e Covid, per fortuna, perciò non è giusto far finta che non esistano altri temi urgenti di cui occuparsi. Non li metto sullo stesso piano, mi rendo conto, ma ultimamente pare che la pandemia sia diventata una scusa sempre pronta per accusare di “futilità” chi si occupa di altre battaglie. “Ci sono migliaia di contagi al giorno e voi pensate al congedo di paternità?”, oppure “Parlate solo di comunità Lgbtiq+ quando c’è un’emergenza in corso?”.

Le battaglie per i diritti non si possono fare una alla volta, per il semplice fatto che sono ancora troppe e tutte necessarie. Anche nel 2022 ci saranno delle ondate, che rispondono e/o corrispondono alle discussioni in aula o a periodi di mobilitazione, proprio come è stato quest’anno con la raccolta firme per il referendum sull’eutanasia o a ridosso del voto sul ddl Zan. Per quel che riguarda i diritti civili, la strada da fare è ancora molta e l’Italia non solo si è mostrata inadeguata dal punto di vista politico e, quindi, giuridico; a mancare su più fronti è anche un dibattito più corretto, informato, che non trasformi ogni contrasto in una scenata melodrammatica da telenovela.

Prima di tutto c’è bisogno di avvicinare il paese all’eutanasia, alla gravidanza per altrə o alla transizione di genere (solo per fare degli esempi) senza usare lo spazio pubblico per dare un connotato religioso a quelle che sono istanze socio-politiche. Chi poi, per fede, vorrà assegnare un significato intimo e personale, sarà liberə di farlo. Risolto questo problema – e sperando di non dover più leggere “comizio” e “rosario” nella stessa frase – la palla passa nelle mani di ciascunə di noi. Allora quest’anno, insieme alla lista dei buoni propositi, suggerisco di fare anche un elenco dei nostri privilegi.

Chi non ha bisogno dell’approvazione del ddl Zan, è privilegiatə.

Chi non ha bisogno di una legge sull’eutanasia, ha un privilegio.

Chi ritiene superflua la legalizzazione della cannabis, ha un privilegio.

Chi può costruire una famiglia senza tirare in ballo procreazione medicalmente assistita, adozioni, gravidanza per altrə… forse non lo sa, ma è privilegiatə.

Potrei andare avanti per ore: persone abili, persone bianche, persone cis (cioè che si riconoscono nel genere assegnato alla nascita)… La lista dei lasciapassare che ci rendono la vita più semplice è più lunga di quella dei processi a Berlusconi.

Questo passaggio è simile all’esame di coscienza che ci obbligavano a fare al catechismo, solo che poi, invece di confessare tutto al prete con imbarazzo, l’unica cosa che resta da fare è capire che se le richieste di una minoranza – che subisce ingiustizie, violenze o abusi – ci sembrano eccessive o irrilevanti, è perché non è la nostra pelle che brucia. Non ti piace il ddl Zan perché non sei tu a essere picchiatə in treno per la tua identità di genere. Non vuoi legalizzare la cannabis perché non sei tu a rischiare la detenzione per averla coltivata a uso terapeutico contro il dolore cronico. Vuoi l’obiezione di coscienza perché non è a te che viene negata la libertà sul tuo corpo. Sei contro il congedo di paternità perché non sei tu che hai dovuto rinunciare alla carriera per la famiglia. E se non sei mai tu, le strade sono due: o scegli di allearti con chi ha bisogno del cambiamento, o scegli di stare a guardare mentre il cambiamento – grazie a loro – inevitabilmente accade.

Ci vediamo al bivio. Chi sceglie bene una volta, poi sa la strada a memoria. Felice 2022!

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