di Monica Valendino
Riflettendo su quest’anno col “migliore in sella” viene da pensare che cosa sarebbe stato se al posto di Mario Draghi ci fosse stato qualcun altro. Senza un’informazione a senso unico, senza un parlamento esautorato e mortificato, senza soprattutto un’opposizione seria che mettesse in luce le incongruenze e gli annunci venuti meno, chiunque avrebbe avuto problemi seri a stare in sella, figurarsi ad autocandidarsi candidamente a Presidente della Repubblica.
Ma SuperMario va avanti dritto e, a colpi di fiducia e di decreti sanitari, riesce a mascherare abilmente i fallimenti del suo operato: sul piano politico la sua manovra ha ben poco di sociale, meno di ecologico ed è confusa sul Pnrr. Sul piano sanitario, dopo il capodanno passato a tampone e lenticchie, ci saranno nuove regole che smentiscono di fatto quanto affermato fin dal suo insediamento, ovvero che i vaccini sono la salvezza unica e irrevocabile. Non è così: aiutano, ma da soli non bastano, e molti lo dicevano fin dall’inizio, prevedendo bene anche la vulnerabilità dopo alcuni mesi dall’iniezione. Era una cosa conosciuta perché i coronavirus, da che mondo è mondo, hanno dei vaccini che spesso non raggiungono nemmeno il 30-40% dell’efficacia e questo non poteva essere diverso, nonostante gli annunci strabilianti che oggi appaiono più economici che scientifici.
Ma ammettere lo sbaglio, per chi è considerato – e forse si sente – il migliore, è difficile ed è ancora più duro dover ammettere che senza limitazioni in aggiunta al vaccino non si può vincere la battaglia. L’esempio cinese non sarà applicabile in Italia, ma è opportuno ricordarlo: da quelle parti basta un positivo per mettere in quarantena migliaia di persone, vaccinati o meno. Qui da ora si offrono certezze in più a chi colleziona dosi su dosi, dimenticando che anche se la malattia non si svilupperà in maniera grave i soggetti in questione possono esser veicoli del virus, specie nei primi tre o quattro giorni dal contagio.
Intanto, mentre i vaccinati con due dosi devono effettuare il tampone per essere certi di essere negativi e non portare da zia il microbo, i non vaccinati sono chiamati alle armi dell’iniezione dal general Figliuolo, perché i tamponi non sono affidabili e non fanno ottenere il super mega green pass: un qualunque individuo con un po’ di logica in zucca riuscirà a capire l’incoerenza della situazione. Ma di coerente in questi mesi, con il meglio del meglio al governo, c’è stato poco: prima il pasticcio con AstraZeneca (solo sotto i 60 anni, poi solo sopra, poi solo sotto, poi stop, poi di nuovo solo sopra ma solo consigliato); quindi da vietato mischiare i vaccini a fare dosi con siero diverso è anche meglio; prima i bambini non erano in pericolo, per loro al massimo ci sarebbe stato un raffreddore, oggi sono il pericolo pubblico numero uno in termini di diffusione; prima le donne incinte era meglio che non si vaccinassero, poi sì; prima sarebbero bastate due dosi per sconfiggere il morbo del secolo, ora siamo arrivati a tre, probabilmente quattro ma prepariamoci anche a richiami continui.
Poi qualcuno si chiede perché qualche non vaccinato nutre ancora qualche leggerissimo sospetto. Ma Draghi e i suoi cavalieri del consiglio dei ministri vanno avanti per la loro: non avendo il coraggio di assumersi la responsabilità di imporre l’obbligatorietà universale (troppi casi avversi che potrebbero chiedere danni, evidentemente), si continua con i ricatti e con le false ripartenze, come per gli stadi, dove si torna a chiudere per metà.
Ora si risponda: se al posto dell’ex banchiere ci fosse stato Giuseppe Conte, che sarebbe stato? Solo un anno fa c’era chi voleva portare mezza Italia in piazza solo per l’obbligo delle mascherine. Intanto consoliamoci: la nuova Irpef premierà chi ha già soldi, la pubblica amministrazione aumenterà gli stipendi dei dirigenti e per l’energia sempre più cara si potrà pagare dilazionando la cifra e accumulando bollette e rate.