“Sarò io il tuo scheletro nell’armadio”. Con questa frase intimidatoria il “navigatissimo” senatore della Prima Repubblica interpretato da Renato Scarpa (scomparso ieri all’età di 82 anni a Roma) dava la benedizione e il lasciapassare per l’inizio dell’ascesa al poter del giovane premier di Sweet Democracy, lungometraggio diretto da Michele Diomà e co-prodotto da Donald Ranvaud, tra gli ultimi film a cui ha preso parte l’attore cult amato da Massimo Trosi, Carlo Verdone, Fernando Meirelles, Nanni Moretti e altri registi di fama internazionale. Il regista Diomà ha ricordato con queste parole la sua collaborazione e amicizia con Renato Scarpa: “Era l’estate del 2015, che forse un giorno gli storici identificheranno come ‘gli anni del renzismo rampante’ quando convinsi Dario Fo a partecipare a un film di satira che se la prendeva con tutto quel sistema di finto rinnovamento della politica italiana. Nella sceneggiatura approvata dal produttore Donald Ranvaud (4 nominations agli Oscar per “City of God) c’era il personaggio di un vetusto e scaltro senatore, che rappresentava la sintesi di tutto il peggio della Prima Repubblica, riciclatosi nella politica contemporanea e che nell’ombra teneva ancora le redini del potere. Ricordo che feci molte telefonate ad attori di primissimo piano, che quando sentivano che nel film ci sarebbe stato anche il premio Nobel Dario Fo, accettavo senza neanche leggere la sceneggiatura, ma l’epilogo che si ripeteva poco dopo, quando spiegavo loro cosa rappresentava il personaggio che avrebbero dovuto interpretare, era sempre lo stesso, dicevano: ‘Eh sì bello il personaggio, ma potrebbe crearmi problemi’. Mi resi conto che nel cinema italiano c’era una sorta di auto-censura, che a mio avviso permane ancora oggi, l’unico che ebbe il coraggio ed il senso civico di accettare fu Renato Scarpa dicendomi “Ci prendi proprio a sberle con questo film! Che bello! Daccene ancora!”. A distanza di sei anni da quella mia prima giovanile regia “Sweet Democracy” resta il caso più clamoroso di ‘censura’ cinematografica nel cinema europeo. Non esiste alcun paese civile con una tv di Stato, pagata con le tasse dei contribuenti, che si rifiuti di tutelare e mostrare un film nel quale compare anche un premio Nobel per la Letteratura. Ci sono state interrogazioni in commissione parlamentare di Vigilanza Rai, si sono susseguiti governi, ma alla fine, nulla cambia, neanche io, che continuerò a combattere per tutelare la memoria di artisti liberi come Renato Scarpa”.
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