All’alba, sulle Alpi. Dove il 30 dicembre diverse stazioni meteo hanno registrato temperature fino a 22 gradi. Più primaverili che da vigilia di San Silvestro. E, d’altro canto, le previsioni lo hanno anticipato: per Capodanno il Gigante Africano porterà caldo di maggio sui monti e al Centro-Sud, nebbia soffocante in Val Padana. Generalmente l’anticiclone africano arriva d’estate, mentre quest’anno è riuscito a risalire di latitudine proprio nel periodo che dovrebbe far registrare le temperature più rigide e, quindi, portando a scarti di 12/15 gradi in più rispetto alla media climatica. Gli effetti sono tra i più variegati: dalle passeggiate al mare in molte regioni del Sud alla cancellazione del superG di Coppa del mondo di sci alpino maschile che si sarebbe dovuto recuperare a Bormio, dopo la cancellazione per maltempo a Lake Louise. Stavolta, a far saltare la gara, è stato il caldo. Il cambiamento climatico ha un ruolo in tutto questo o si tratta di un fenomeno casuale e passeggero? E, soprattutto, che differenza c’è con quanto sta avvenendo in America, dove c’è neve da record sulla catena montuosa della Sierra Nevada, in California, mentre l’Alaska è in preda a un’ondata di calore? Ilfattoquotidiano.it lo ha chiesto ad Antonello Pasini, fisico climatologo del Cnr, partendo proprio da ciò che sta avvenendo in questi giorni in Italia.

La primavera sui monti e gli anticicloni nel Mediterraneo – “Non è la singola situazione meteorologica di intrusione calda da sud che ci dice che il cambiamento climatico è in atto, quanto la statistica della frequenza e dell’intensità di queste ondate di calore, che effettivamente sta cambiando” spiega Pasini, che ricorda come “con il riscaldamento globale, causato principalmente dalle azioni umane come le emissioni di gas serra, si è espansa verso nord la circolazione equatoriale e tropicale”. Ergo: quegli anticicloni che precedentemente rimanevano costantemente sul deserto del Sahara, ora entrano violentemente nel Mediterraneo apportando intense ondate di calore, anche al di fuori del semestre caldo. Il problema è che, anche se si tratta di fenomeni passeggeri, “se non facciamo nulla, o se facciamo troppo poco, per limitare il riscaldamento globale, questi eventi potranno essere più frequenti ed intensi”.

Neve record in California, caldo in Alaska – Nel frattempo, le temperature sembrano ‘impazzite’ anche altrove. Negli Stati Uniti, per esempio. Mentre sulla catena montuosa della Sierra Nevada nell’ultimo mese è stata registrata una media di 5,13 metri di neve, il livello più alto mai raggiunto a dicembre da quando sono iniziate le rilevazioni nel 1970, l’Alaska è nel pieno di un’ondata di calore. Le temperature toccano i 20 gradi in un periodo dell’anno caratterizzato normalmente da un freddo pungente e abbondanti nevicate. Secondo quanto riportano i media locali, sull’isola di Kodiak (a sudovest di Anchorage) sono stati registrati domenica scorsa 19,4 gradi, la temperatura più alta mai rilevata nel mese di dicembre in tutto il territorio. Una situazione definita “assurda” da Rick Thoman dell’Alaska Center for Climate Assessment and Policy. Il nuovo massimo segue una serie di temperature record come i 18,3 gradi registrati all’aeroporto di Kodiak, i 16,6 gradi a Cold Bay nella penisola di Alaska, e i 13,3 gradi di sabato 25 a Unalaska, ovvero il giorno di Natale più caldo mai registrato nelle Aleutine occidentali. “Di fatto, con le dovute differenze – spiega Pasini – si tratta dello stesso fenomeno che stiamo osservando anche in Italia”.

Il climatologo: “Le due facce del riscaldamento globale” – Eppure negli Usa il 2021 è stato segnato dall’uragano Ida, che a fine estate ha causato quasi 70 morti, danni devastanti in Louisiana e fino negli Stati del nordest, facendo temere una nuova Katrina mentre, solo poche settimane fa, è stata la volta dei devastanti tornado che hanno colpito il Midwest e il Sud, in particolare il Kentucky con almeno 90 morti. “In questi giorni si sta osservando un’ondata di calore molto intensa nel Pacifico, che raggiunge perfino l’Alaska – spiega Pasini – ma quando c’è aria calda che sale verso nord in una certa zona deve esserci aria fredda che scende nelle zone limitrofe”. I fisici del clima stanno studiando situazioni di questo tipo.

“Stiamo scoprendo che spesso gli impulsi sempre più forti del riscaldamento tropicale si combinano con una debolezza del cosiddetto ‘vortice polare’ che fa scivolare l’aria artica verso sud”. Di solito si pensa che ondate di calore ed eventi estremi di freddo o di precipitazioni violente non possano coesistere e siano una dimostrazione che non c’è solo il riscaldamento globale. “Invece è vero proprio il contrario: questi fenomeni sono le due facce della stessa medaglia e stiamo assistendo a una intensificazione di entrambi” commenta Pasini, parlando anche di quanto sta avvenendo nel Mediterraneo. “In un periodo siamo interessati da un violento anticiclone africano con un’enorme ondata di calore – spiega – ma quando questo anticiclone si ritira sull’Africa scendono correnti fredde da nord. Queste correnti vanno a scontarsi con aria calda e umida preesistente in loco, con un suolo e soprattutto con un mare molto caldo, e creano quei disastri a cui purtroppo siamo abituati, come alluvioni lampo e grandinate pazzesche”. E questi cambiamenti repentini sono le due facce del riscaldamento globale.

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