Tra le inaspettate conseguenze del Covid c’è l’esodo dalle metropoli occidentali, chi se lo è potuto permettere ha abbandonato la città per andare a vivere nei piccoli centri. Negli ultimi due anni, i lockdown e la possibilità di lavorare e studiare da remoto hanno, dunque, svuotato le città. Ma sbaglia chi vede in questo fenomeno una nuova tendenza: una volta passata la tempesta della pandemia, i centri urbani torneranno ad attrarre giovani e meno giovani. Le città dovranno però essere più sostenibili, più vivibili, meno stressanti e claustrofobiche e più in sintonia con la natura.

Già prima del 2019, l’esigenza di rinnovare le metropoli, di modernizzarle per renderle più consonanti con il bisogno di una migliore qualità della vita dei suoi abitanti, aveva dato vita al “movimento dei 15 minuti”. In cosa consiste? L’idea centrale è offrire ai cittadini la possibilità di adempiere a tutte le funzioni giornaliere e accedere a tutti i servizi essenziali in un raggio di distanza percorribile in 15 minuti a piedi, in bicicletta o con lo scooter. Ciò comporta che dall’ufficio al supermercato, dalla palestra alla scuola dei figli, l’individuo si muova senza la macchina e all’interno del proprio quartiere in un quarto d’ora.

Città come Parigi e Barcellona hanno abbracciato per prime questo concetto e creato aree urbane ad hoc, applicandolo. Qualcuno le ha definite isole felici all’interno della metropoli. Adesso a Stoccolma, la capitale della Svezia, si sta sperimentando una variante di questo movimento, la città a un minuto.

Il movimento cittadino di un minuto è concentrato sullo spazio immediatamente davanti alla nostra porta di casa, quello percorribile in un minuto e che può essere anche più piccolo del proprio isolato. L’intenzione è di coinvolgere i cittadini nel ridisegnare l’urbanistica di questo spazio. Gli svedesi lo stanno facendo con costruzioni in legno che vengono ubicate dove fino a ora si parcheggiavano le auto – il progetto rientra nello sforzo di rendere la Svezia a zero emissioni di carbonio entro il 2045. Queste costruzioni assumono le funzioni che gli abitanti dei palazzi circostanti giudicano necessarie: parcheggi per bici e scooter; spazi per piantare alberi e fiori; aree dove far giocare i bambini o dove sedersi per leggere un libro o chiacchierare tra vicini.

Naturalmente la città ideale a un minuto non ha traffico, non ci sono code interminabili di auto, ma marciapiedi percorribili a piedi, piste ciclabili ed efficientissimi trasporti pubblici. Soprattutto la vita urbana a un minuto avviene all’interno di quella a 15 minuti. Un sogno? Gli svedesi sostengono di no e forse hanno ragione, perché già posseggono un sistema di infrastrutture all’avanguardia con una distribuzione capillare di servizi che permette al cittadino di svolgere velocemente tutte le sue funzioni senza ricorrere ai mezzi di trasporto privati.

Applicare il modello della città a 15 minuti e a un minuto in una metropoli come Roma, ad esempio, una capitale in disfacimento dove può succedere di imbattersi in branchi di cinghiali che banchettano tra i rifiuti, appare un’impresa quasi impossibile, che richiede in primis massicci investimenti nelle infrastrutture basilari, dalla rete dell’Atac fino alle scuole materne, per non parlare poi dei cassonetti.

Non è però impresa impossibile. Per realizzarla ci vuole la volontà politica ma anche una maggiore maturità sociale da parte dei cittadini. E a chi sostiene che mancano i soldi si può rispondere che ne sono stati stampati a sufficienza, basta saperli usare con criterio e intelligenza. Un sogno? Forse, ma dopo due anni di pandemia, lockdown e legislature di emergenza, privarsi anche dei sogni è davvero troppo!

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