Con la nuova legge di bilancio 2022 cade l’oscurantismo più tetro sull’economia italiana. Aumentano le spese correnti, gli sgravi fiscali per le categorie meno disagiate, diminuisce il welfare con atroci tagli alla sanità (proprio ora che infuria il coronavirus), all’istruzione e ai trasporti.

Mi aspettavo una politica espansiva diretta soprattutto al recupero delle fonti di produzione di ricchezza nazionale e ci troviamo di fronte a un bilancio di previsione dispersivo, senza chiari obiettivi, e diretto a tacitare le tendenze dei vari partiti che fanno parte del governo.

In tutto questo si inserisce anche l’invito della Banca d’Italia a ridurre il debito, anziché puntare sullo sviluppo economico.

L’idea di un recupero dei beni e dei servizi produttivi di ricchezza, illecitamente donati a singoli speculatori, è lontana anni luce dalla mente del governo Draghi. A conferma di questo orientamento c’è la notizia dell’ennesima delocalizzazione della nota fabbrica di marron glacé nel comune di Marradi, che è espressione dell’utilizzo territoriale di una qualità di castagne che nasce nella zona. Si tratta di una piccola industria, ma carica di significato, perché indica, come via dello sviluppo, l’utilizzo produttivo delle nostre fonti di ricchezza, e non gli scambi finanziari su un mercato globale privo di territorio.

L’obiettivo che io avrei dato al bilancio 2022 sarebbe stato quello di restituire al popolo italiano le proprie fonti di produzione di ricchezza nazionale e cioè il territorio, il paesaggio, i beni artistici e storici (art. 9 Cost.), i servizi pubblici essenziali, le fonti di energia, le situazioni di monopolio e le industrie strategiche (art. 43 Cost.), che costituiscono gran parte della proprietà pubblica demaniale del popolo.

Il primo obiettivo da raggiungere è quello di far tornare lo Stato protagonista dei servizi pubblici essenziali e delle fonti di energia, il che significa, a titolo di puro esempio, far tornare al popolo i miliardi che senza nessun merito guadagna Berlusconi con una concessione che non ha termini di scadenza, come previsto dalla cosiddetta incostituzionale legge Mammì, contro la quale si dimisero dall’incarico Nino Martinazzoli, Sergio Mattarella, Riccardo Misasi, Calogero Mannino e Carlo Fracanzani dopo gli scandali del governo Craxi che aveva prolungato le concessioni a Berlusconi con il famoso pacchetto dei decreti Berlusconi.

A fini di memoria ricordo che la legge Mammì, transitata nella legge quadro di Gasparri, fu approvata con la fiducia e a voto segreto il 1° agosto 1990 (governo Andreotti). Fa da pendant a questo triste evento il prolungamento del governo Renzi alle concessioni petrolifere dell’Adriatico, le quali potranno estrarre a loro vantaggio il petrolio del popolo italiano senza limiti di tempo e fino all’esaurimento.

Ho riportato solo questi due esempi per far capire dove è il marcio della nostra politica e come sia inutile perdere tempo in diatribe evanescenti mentre tutto indica che il popolo italiano è spinto dalle istituzioni finanziarie nazionali, europee e internazionali, verso la propria rovina, come del resto dimostra, ed è questo l’ultimo esempio che faccio, la proposta europea di tornare all’energia nucleare (subito accolta con entusiasmo da Matteo Salvini).

Sono 21 anni, come ha ricordato Milena Gabanelli, che le scorie nucleari, prodotte prima del referendum contro l’energia atomica, sono ancora ammassate al men peggio nei pressi delle centrali dismesse, con pericoli imminenti e gravissimi di rendere radioattivi immensi territori che resterebbero inutilizzabili per milioni di anni.

Come al solito, ripeto che solo la Costituzione può e deve salvarci.

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