Momenti di forte commozione nella prima puntata di Domenica In del 2022. Tra gli ospiti di Mara Venier c’era anche Paolo Del Debbio, che ha presentato il suo nuovo libro “Le 10 cose che ho imparato dalla vita“: nel corso della chiacchierata, il giornalista e conduttore ha ricordato il padre, deportato durante la Seconda Guerra Mondiale nel campo di concentramento e smistamento nazista di Buchenwald. “Non hanno mai perso la dignità. Si alzavano alle 06:00, faceva un freddo bestia – ha spiegato -. C’era la stufa ma gli aguzzini bastardi delle SS non l’attivavano mai. Andavano al lavandino, rompevano il ghiaccio, si lavavano, si facevano la barba. Volevano dimostrare che gli aguzzini gli avevano tolto la libertà, ma loro avrebbero continuato a curarsi: ‘Mi faccio vedere con la schiena dritta anche se mi ammazzeranno’, tutti pensavano di andare a finire nella camera a gas. Molti si abbandonavano, diventavano pazzi. Tutti gli ebrei presenti andarono a finire nei campi di sterminio”.
Del Debbio ha raccontato che suo papà ha trascorso due anni di prigionia nelle mani dei nazisti, fino alla primavera del 1945 quando fu liberato dagli americani: “Mio padre arrivò nel campo di concentramento di Buchenwald nel ’43 e fu liberato nel ’45 dagli Alleati. Lui fu preso che era militare in Grecia, quel maledettissimo 8 settembre del ’43 e poi fu liberato nel ’45, ad aprile. Arrivò a Lucca ad agosto con mezzi di fortuna. Devi sapere che gli americani, appena liberati, gli davano un po’ da mangiare. Però, se mangiavano anche solo un po’ di cioccolata, rimettevano tutto subito. Non erano più abituati. Mio papà pesava attorno ai 40 chili. Puoi immaginare. Non era altissimo, ma 40 chili è niente. Quindi gli davano da mangiare piano piano, un pochino alla volta”.
“Quando gli americani li liberarono, prima li ricostituirono un po’ o non ce l’avrebbero fatta a fare nulla – ha ricordato ancora Del Debbio -. Poi, tramite un camion, mio padre arrivò a Verona. Poi da Verona a Lucca, la fecero a piedi lui e un suo amico. 400 km. C’era tutto il paese intorno che lo aspettava, si era sparsa la voce che erano tornati. Erano due anni che non si avevano notizie di loro, quando mandavi i pacchi col cibo al campo di concentramento, li davano ai cani. Quando arrivò mia mamma, tutti andarono via per lasciarli soli”. Quindi il giornalista, in lacrime, si è fermato. “Guarda, sto come te Paolo”, è subito intervenuta Mara Venier. E dal pubblico si è levato un lungo e sentito applauso.