“D’Alema sul Pd ‘malato’ in epoca renziana? Non so se ‘malattia’ sia la parola più appropriata, però in qualche modo bisogna pur definire questo fenomeno che a me pare negativo. Secondo me, D’Alema ha ragione e ha fatto bene a sottolineare questo aspetto. Criticarlo per cose che sono descrizioni e interpretazioni, a mio avviso, corrette non è un’operazione molto brillante. Poi ognuno può pensarla diversamente, ma deve apportare degli argomenti”. Così, in una intervista a Lanfranco Palazzolo per Radio Radicale, Gianfranco Pasquino, professore emerito di Scienza Politica all’Università di Bologna, commenta le dibattute dichiarazioni di Massimo D’Alema e le reazioni polemiche di diversi esponenti dem, da Filippo Sensi a Giuseppe Fioroni fino a Sandra Zampa.
Il politologo fa un breve excursus sul Pd guidato da Renzi, ricordando il successo alle europee del 2014, seguito dalla débâcle al referendum costituzionale del 2016 e dalla discesa repentina del partito al 18%: “Come definire tutto questo? È un semplice inconveniente? Oppure c’era un male più profondo? Per di più, quello stesso segretario ha perso dei pezzi alla sua sinistra. Ricordo ancora quando alla Leopolda i suoi accoliti si alzarono in piedi, gridando contro tutti i dissenzienti: “Fuori, fuori, fuori!”. Renzi tentato da un ritorno al Pd? Lui può essere tentato da molte cose – continua – Mi pare che in questa fase sia tentato soprattutto dall’intestarsi la scelta del presidente della Repubblica. Non commento la sua abilità nel guadagnare denaro in posti impensati nel mondo. Però vorrei che la sua tentazione fosse quella di imparare qualcosa dalla politica, magari leggendo qualche libro e studiando qualche esperienza passata, perché francamente mi pare che Renzi sia molto sprovveduto in materia di cultura politica”.
Critica l’opinione di Pasquino sulla replica piccata che Enrico Letta ha fornito su twitter all’indirizzo di D’Alema: “Credo che Letta abbia risposto in maniera non del tutto adeguata. Avrebbe dovuto rispondere che quelli erano tempi passati, che prendeva atto del fatto che tutti avessero commesso degli errori e che lui avrebbe rimediato. Letta naturalmente deve difendere il suo partito, ma secondo me ha esagerato a difendere il renzismo. Anzi, lui è stato una delle vittime del renzismo. Di questo Letta dovrebbe ricordarsi, perché quella storia non è finita e ha prodotto una serie di conseguenze. Giustamente il segretario fa il suo mestiere: che lo faccia bene lo vedremo, perché il Pd è comunque bloccato al 20%. Sento dire tutti che il Pd è in ripresa, ma in realtà – spiega – ad aver vinto le elezioni amministrative, cosa di cui sono molto soddisfatto, sono stati i Pd locali, non certo il Pd nazionale, né il segretario in quanto tale, anche se sicuramente Letta ha dato un apporto alla costruzione di alleanze importanti a livello locale. Bisogna capire dove vogliono andare. Non basta dire: ‘Vogliamo un campo largo’. Devono dire con chi lo fanno. E secondo me il campo largo si fa con gli elettori, non andando a prendere pezzi di partitini qua e là o erodendo il renzismo, che per conto suo è già finito al 2%. E quindi si apre una fase molto importante, che, tra l’altro, deve passare attraverso l’elezione del presidente della Repubblica”.
Pasquino, infine, dà una sua definizione di ‘dalemismo’ e ‘renzismo’: “Il dalemismo lo catalogherei come ideologia fermamente intrattenuta dal suo interprete maggiore e suo creatore. Il renzismo è difficile da collocare. Certo, qualcuno si aspetterebbe che lo definissi “trasformismo”, ma non lo è. Il renzismo è qualcosa che andrebbe bene nelle definizioni che dava Duverger della politica francese: in questa fase il renzismo è ‘la palude’, cioè è qualcosa al centro che si muove lentamente per cercare un qualche sostegno qua e là. Ma nella palude non c’è grande attività politica”.