Il Dipartimento della Funzione pubblica non ha intenzione di rivedere le norme sullo smart working nella pa alla luce dell’aumento dei contagi. Il ministro Renato Brunetta a ottobre ha disposto che le attività degli statali debbano svolgersi prevalentemente in presenza, ventilando effetti positivi sul pil. E oggi non vuol fare marcia indietro, nonostante da giorni i sindacati del comparto chiedano di tornare al lavoro agile come standard almeno fino al superamento del picco. “La linea fin qui seguita dal governo, grazie alle vaccinazioni, al green pass e al super green pass, ha reso pienamente compatibile il massimo livello di apertura delle attività economiche, sociali e culturali con il massimo livello di sicurezza sanitaria”, sostiene il Dipartimento in una nota.

Oltre alla Flp, a fine anno anche la Fp Cgil ha inviato una nota ufficiale al Segretario Generale del ministero del Lavoro chiedendo “di voler prolungare l’utilizzo del lavoro agile come strumento di contenimento della pandemia” e la rappresentanza sindacale al ministero dell’Economia in particolare ha insistito per “l’immediata estensione ad almeno 10 giorni di lavoro agile per tutti i lavoratori, senza condizioni e in tutte le articolazioni nazionali e territoriali”. Brunetta replica che “la normativa e le regole attuali già permettono ampia flessibilità per organizzare sia la presenza, sia il lavoro a distanza, tanto nel lavoro pubblico quanto nel lavoro privato”.

“Le amministrazioni pubbliche, in particolare, sulla base delle linee guida recentemente approvate con il consenso di tutti (sindacati, Governo, amministrazioni centrali e locali), possono decidere la rotazione del personale consentendo il lavoro agile anche fino al 49% sulla base di una programmazione mensile, o più lunga”, evidenzia la nota del dipartimento per la funzione pubblica, in cui si ricorda anche che “la maggior parte dei dipendenti pubblici (gli addetti della scuola, della sanità e delle forze dell’ordine, che rappresentano circa i due terzi dei 3,2 milioni totali) sono soggetti all’obbligo di vaccino e, in larghissima maggioranza, sono tenuti alla presenza”.

Secondo il ministero “alla luce della grande flessibilità riconosciuta alle singole amministrazioni e dell’esigua minoranza di dipendenti pubblici che potrebbe realmente lavorare da casa, risulta, dunque, incomprensibile l’invocazione dello smart working per tutto il pubblico impiego. Un ‘tutti a casa’ come sperimentato, in assenza dei vaccini, durante la prima fase della pandemia nel 2020, legato al lockdown generalizzato e alla chiusura di tutte le attività economiche e di tutti i servizi, tranne quelli essenziali. Non è questa la situazione attuale”.

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