La Germania insieme all’Austria, alla Spagna e al Lussemburgo, si è espressa chiaramente contro la decisione cella Commissione Ue di includere il nucleare tra le fonti meritevoli di ricevere finanziamenti nell’ambito del piano di transizione energetica. È tutto da vedere però se Berlino passerà dalle parole ai fatti. Per ora il governo tedesco ha spiegato che esaminerà nel dettaglio la bozza del documento di Bruxelles sulla cosiddetta tassonomia verde. Ha ribadito che il nucleare è pericoloso, comporta problemi e che può funzionare solo grazie ai sussidi pubblici. Tuttavia Berlino per il momento ha escluso azioni legali contro la proposta della Commissione. Possibilità invece prospettata da Lussemburgo e Austria.
La Germania ha ormai scritto la parola fine sulla sua avventura nucleare e anticipato il programma di dismissione delle centrali. Delle sei che erano rimaste in funzione , tre sono state fermate definitivamente la scorsa settimana. Il governo guidato da Olaf Sholz ha però anche annunciato che probabilmente non riuscirà a rispettare gli obiettivi di riduzione delle emissioni di Co2 fissati per il 2022 e il 2023. Ammissione che, almeno mediaticamente, toglie forza alla posizione secondo cui i traguardi di abbassamento dell’inquinamento possano essere conseguiti anche senza l’ausilio dell’atomo. Ieri il governo ha ribadito di essere compatto al suo interno. Tuttavia è verosimile che la questione provocherà attriti. I Verdi sono inamovibili nella loro opposizione al nucleare e gradirebbero un’azione più energica a livello europeo.
Peraltro la Germania non fa mistero di aver puntato molte delle sue carte, oltre che sulle rinnovabili, anche sul gas, a sua volta incluso nella “tassonomia verde” della Commissione. Il gasdotto Nord Stream 2 Al momento è pronto ma ancora fermo per ragioni di natura geopolitica ma che unisce direttamente Russia e Germania è stato concepito con l’idea di rendere il paese una sorta di hub europeo del gas. La Francia per conto ricava dal nucleare circa il 70% dell’energia che consuma. Tuttavia, come dimostrano anche i recenti stop ad alcuni reattori, il parco delle centrali necessita di imponenti investimenti di ammodernamento. Almeno 50 miliardi di euro secondo i calcoli di Edf (l’Enel francese) che gestisce tutti gli impianti. Il sostegno finanziario dell’Unione sarebbe insomma manna dal cielo. La bozza della Commissione insomma, non fa scelte radicali, accontenta un po’ tutti e quindi ha alte possibilità di spuntarla.
La partita decisiva si giocherà in sede di Consiglio europeo, l’organo che riunisce i capi di Stato e di governo dell’Unione e che è il vero organo decisionale dell’Ue. Qui la Francia, il paese che più sostiene il nucleare, sembrerebbe essersi assicurata una maggioranza favorevole. Per bloccare la proposta della commissione servirebbe il voto contrario di una ventina di paesi. Al suo fianco ci sono almeno altri 8 paesi, per lo più dell’Est Europa, impegnati a loro volta in programmi nucleari. L’Italia per ora tace. Pare improbabile che Roma si metta contro Parigi. Il governo Draghi non è mai stato dichiaratamente contrario all’ipotesi nucleare, anzi, ministro come Giancarlo Giorgetti e Roberto Cingolani flirtano da tempo con l’idea di un ritorno dell’atomo nel nostro paese. Soprattutto l’inclusione del gas nella bozza della Commissione, il fossile su cui il nostro paese fa più affidamento, rende molto improbabile una qualche opposizione italiana. I paesi Ue dovranno presentare le loro considerazioni sul documento della Commissione nei prossimi giorni, una versione finale del documento dovrebbe arrivare a fine gennaio.