L’incidenza settimanale di nuovi casi Covid risale in Germania a 258,6 ogni 100mila abitanti con 346 decessi in 24 ore. La variante omicron è causa di una nuova crescita di contagi ma al momento non ci sono segnali che per gli studenti sia più pericolosa della Delta. La riunione dei ministri della Cultura dei Länder, anche se propone solo indicazioni e non vincoli alla conferenza di venerdì tra il cancelliere Olaf Scholz e i governatori, ha comunque escluso la chiusura generalizzata delle scuole, confermando al contempo l’obbligo di mascherine per tutti in classe ed i test, già ora quotidiani a Berlino ed almeno trisettimanali altrove. La Turingia ha dovuto fare marcia indietro rispetto al suo piano di iniziare l’anno imponendo in tutto il Land la didattica a distanza. Come anche in Meclemburgo Pomerania è ora lasciato alle singole scuole decidere se riprendere le lezioni scolastiche in piena presenza, o a gruppi alternati, o in remoto.

Il dibattito è aperto, anche in Germania. La presidente del sindacato istruzione e scienza Maike Finnern in un’intervista ha dichiarato che “l’insegnamento in presenza dev’essere la prima scelta ma non ad ogni costo” mentre la presidente dell’associazione dei filologi tedeschi Susanne Lin-Klitzing le ha fatto eco a distanza affermando che occorrerebbe “un piano comune che si orienti all’incidenza, quota di vaccinazioni e di ospedalizzazioni, il quale possa essere messo in pratica a secondo della situazione locale”. Karin Prien (Cdu), ministra della Cultura dello Schleswig-Holstein e alla guida della conferenza dei ministri, sottolinea che “anche se le scuole sono molto meglio attrezzate sia dal punto di vista tecnologico sia dei piani didattici per l’insegnamento a distanza, questo deve comunque restare l’ultima opzione”.

L’anno scorso già per oltre 180 giorni le scuole tedesche sono state chiuse o in funzionamento ridotto, contro una cinquantina di giorni in Francia ed appena una trentina circa in Svezia, e – secondo alcune analisi – un quarto degli allievi tedeschi presenta delle lacune di apprendimento, patendo una importante limitazione nelle possibilità del loro sviluppo e chances future. Il presidente dell’associazione tedesca per la medicina di infanzia e giovanile Jörg Dötsch ha sottolineato i pericoli di natura psico-fisica legati alla lunga cesura con la vita regolata dal ritmo di normale accesso alle scuole. Una realtà che coinvolge circa 11 milioni di scolari ed 800mila insegnanti e che per il ministro della cultura dell’Assia Alexander Lorz (Cdu) dovrebbe perciò essere considerata una struttura critica il cui funzionamento debba essere garantito prevedendo anche una riduzione dei tempi di quarantena. Un tema dibattuto che non incontra tuttavia l’unanimità. Al contrario, l’esperto per le questioni sanitarie dei Verdi Janosch Dahmen ha affermato che “esimere un’infermiera che si occupa di pazienti infartuati o con un ictus dalla quarantena facendo sì che probabilmente possa infettare altri pazienti, significa aprire troppe porte ad Omicron”. Ed anche Heinz-Peter Meidinger, presidente dell’associazione degli insegnanti tedeschi, invita alla prudenza: “Una riduzione inadeguata dei tempi di quarantena se non riduce il rischio di contagi potrebbe rivelarsi un boomerang per il funzionamento scolastico”.

Oggi si sono riuniti anche i ministri della sanità tedeschi, ma anche in questo caso non saranno prese decisioni fino all’incontro di venerdì con il cancelliere Scholz. Il ministro della Salute Karl Lauterbach (Spd) si è comunque dichiarato pubblicamente favorevole alla riduzione dei tempi di quarantena nelle infrastrutture critiche, ammettendo il rientro al lavoro per quanti siano stati a contatto con positivi ma siano senza sintomi dopo cinque giorni e con un test molecolare negativo. Al contempo vorrebbe tuttavia norme di contatto più rigide soprattutto per i non vaccinati ed in questo senso si è già attrezzata ad esempio Amburgo che ha esteso le regole di accesso 2G+ (vaccini o guariti e in più tamponati). Lauterbach vuole raggiungere un traguardo più ambizioso nella campagna di vaccinazione e far sì che almeno l’80 per cento di coloro che hanno avuto già due dosi ricevano rapidamente anche la terza. Al contempo sta lavorando ad una proposta di legge per imporre un obbligo di vaccinazione per tutti dai 18 anni anche senza la creazione di un registro nazionale delle vaccinazioni che comporterebbe problemi legali di tutela di dati personali.

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