Possibile che neppure una donna sia degna di essere raffigurata, con una statua, nel Pantheon a cielo aperto di Padova, quel Prato della Valle – la “piazza senza erba” – che è la seconda piazza per estensione d’Europa? I personaggi raffigurati sono 78. Tutti uomini, con l’unica eccezione di un busto della poetessa Gaspara Stampa, che però è ai piedi della statua dello scultore Andrea Briosco. L’anomalia prima o poi doveva esplodere, in tempi in cui aumenta la sensibilità sulla parità di genere, proprio a Padova, la città che ebbe la prima donna laureata al mondo.
A sollevarla, sotto forma di una mozione, sono stati i consiglieri comunali della maggioranza di centrosinistra Margherita Colonnello e Simone Pillitteri. Che hanno anche indicato la soluzione più adatta per mettere una toppa ad una evidente amnesia maschilista che si è protratta per oltre due secoli: immortalare Elena Cornaro Piscopia, che si laureò (e fu appunto la prima al mondo) nel 1678, ma non in teologia come avrebbe voluto, bensì in filosofia, per l’opposizione del cardinale Gregorio Barbarigo. La vicenda è già diventata a Padova un tormentone, a cui molti hanno dato il loro contributo sotto forma di opinioni o proposte. Un regolamento emanato nel 1776 dalla Presidenza del Prato aveva posto tre condizioni per essere raffigurati: non essere persone in vita, non essere dei santi e aver avuto rapporti con la città di Padova. Nessun divieto per le donne.
Una prima adesione è venuta da Daniela Mapelli, prima rettrice donna dell’Università. Poi dal soprintendente ad archeologia, belle arti e paesaggio, Fabrizio Magani. Dubbioso Carlo Fumian, docente universitario di Storia contemporanea, perché “fare la storia con la toponomastica e lo spostar monumenti come fossero Lego è un gioco pericoloso e poco intelligente”. L’associazione “Mi riconosci?”, composta da professioniste dei beni culturali propone di lasciare al posto dove si trova, in Università, la statua di Elena Cornaro, e di avviare dibattiti e sondaggi per decidere come occupare due piedistalli vuoti. Un tempo erano occupati da statue di Dogi veneziani, distrutte dall’esercito di Napoleone. “I due piedistalli vuoti sono la memoria dell’invasione napoleonica, un vuoto di memoria e di bellezza” dichiara il vicepresidente del consiglio comunale Ubaldo Lonardi, che quindi li lascerebbe vuoti. La street artist Carolì, alias Carolina Blanco si è offerta: “Un opera su Elena Lucrezia Cornaro Piscopia? Potrei farla io”.
L’ex rettore Vincenzo Milanesi, filosofo, ha osservato: “Sta prendendo piede la cosiddetta ‘cancel culture’, che pretenderebbe di ergersi a tribunale supremo della storia in nome di convinzioni e valori che si sono affermati nei secoli successivi, abbattendo statue e condannando all’ignominia figure che spesso sono state semplicemente figlie del loro tempo…”. Ma in questo caso, una statua alla prima laureata donna sarebbe il modo “non per ‘togliere’ qualcosa alla storia, ma per ‘aggiungere’ qualcosa, ‘ri-significando’ i monumenti senza postumi giustificazionismi”.