Lo strappo tra il ministero dell'Istruzione e i suoi presidi è senza precedenti. La raccolta firme è stata organizzata in meno di ventiquattr'ore dopo l'annuncio delle nuove regole considerate "ingestibili": "Così avremo frammentazione, interruzione delle lezioni e scarsa efficacia formativa"
Non dieci, non cento ma 2mila dirigenti scolastici, di fronte alle nuove norme introdotte dal Consiglio dei ministri per il rientro in aula, hanno sottoscritto una lettera appello indirizzata al premier Mario Draghi, al ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi e ai governatori delle Regioni. Loro che rappresentano lo Stato, chiedono al Governo di fare marcia indietro: meglio due settimane di didattica a distanza per tutti che lezioni miste.
I sottoscrittori all’appello (qui il link) sono poco meno di un terzo del totale dei presidi in tutta Italia. I dirigenti sono preoccupati e bocciano a gran voce le scelte del Consiglio dei ministri che ha deciso per le secondarie, in caso di due positivi, di mandare a casa i non vaccinati e tenere in aula chi è in regola con le somministrazioni. “Una programmata e provvisoria sospensione delle lezioni in presenza (con l’attivazione di quelle a distanza) per due settimane è sicuramente preferibile ad una situazione ingestibile che provocherà con certezza frammentazione, interruzione delle lezioni e scarsa efficacia formativa”. Parola di presidi. L’idea dell’appello è nata nel giro di meno di ventiquattr’ore: nemmeno il tempo di fare girare la lettera e sono arrivate firme di capi d’istituto da tutt’Italia.
“Da due anni – scrivono i firmatari – lavoriamo incessantemente per garantire un servizio scolastico gravemente provato dalla pandemia. Lo facciamo, insieme ai nostri collaboratori, alle segreterie, ai docenti, al personale Ata, spesso sopperendo alla mancanza delle più basilari condizioni strutturali e organizzative. Ora abbiamo personale sospeso perché non in regola con la vaccinazione obbligatoria e, ogni giorno di più, personale positivo al Covid, che non potrà prestare servizio e nemmeno potrà avere, nell’immediato, un sostituto. Si parla di numeri altissimi, mai visti prima”.
I dirigenti guardano all’immediato, a lunedì: “In un momento nel quale è necessaria almeno la minima sorveglianza delle classi (per non parlare della didattica, che risulterà in molti casi interrotta), non sapremo, privi di personale, come accogliere e vigilare su bambini e ragazzi. Altrettanta preoccupazione grava sulle probabili assenze del personale Ata. Ci troveremo nell’impossibilità di aprire i piccoli plessi e garantire la sicurezza”.
Per la prima volta sono i presidi a dire con chiarezza che la scuola non è così sicura al contrario di quanto afferma il ministro da mesi: “Il distanziamento è una misura sulla carta, stanti le reali condizioni delle aule e la concentrazione degli studenti nelle sedi. Sappiamo che il virus si trasmette per aerosol e che l’ambiente classe è una condizione favorevolissima al contagio. A differenza delle precedenti ondate, già prima della sospensione natalizia abbiamo assistito ad un’elevata incidenza di contagi all’interno delle classi (alunni e docenti, anche se vaccinati). Il protocollo di gestione dei casi grava sulle aziende sanitarie che non riescono più a garantire rapidità per i tamponi, con conseguente prolungato isolamento degli studenti e del personale”.
Uno strappo tra il ministero dell’Istruzione e i suoi presidi senza precedenti. Mai prima d’ora si era registrata una posizione così dura da parte dei capi d’istituto nei confronti del vertice di viale Trastevere. Nemmeno in passato è mai accaduta una simile iniziativa di protesta.
Tra i primi firmatari c’è anche Amanda Ferrario, a capo dell’istituto “Tosi” di Busto Arsizio che al Fattoquotidiano.it spiega: “Sono sempre stata critica sulla chiusura della scuola, ho sempre ritenuto che fosse un baluardo importantissimo da salvaguardare ma oggi, oggettivamente, non abbiamo le condizioni di sicurezza per aprire. Non ci sono Ffp2 per tutti, studenti e personale, non abbiamo personale a gestire la sorveglianza, figuriamoci il servizio. I supplenti non ci sono e chi potrebbe accettare la sostituzione non lo fa. Non possiamo smembrare le classi e dobbiamo garantire comunque il tracciamento. Gli studenti non sono vaccinati, specialmente al primo ciclo”. Ferrario, che è in passato ha lavorato anche in viale Trastevere è adirata: “Purtroppo, al di là della retorica dei proclami, dobbiamo fare i conti con la realtà. A malincuore credo che si debba prendere coscienza dei numeri elevatissimi del contagio e fare qualche settimana di dad. Magari con qualche scelta coraggiosa da parte del Governo”.