Le rilevazioni, a seguito dei campionamenti commissionati dalla canottieri Bissolati, società sportiva situata in fregio alla ex raffineria, hanno certificato la presenza di prodotto surnatante
L’azienda petrolifera Tamoil di Cremona, nonostante da dieci anni sia stata trasformata in deposito dopo la cessazione dell’attività di raffinazione, non smette di inquinare i terreni e la falda delle aree esterne al sito industriale. Le rilevazioni, a seguito dei campionamenti commissionati dalla canottieri Bissolati, società sportiva situata in fregio alla ex raffineria, hanno certificato la presenza di prodotto surnatante, una sostanza inquinante costituita da idrocarburi non emulsionati con l’acqua di falda, fra i cinque e i nove metri all’interno della falda stessa.
Stando all’accertamento tecnico preventivo (Atp) chiesto al tribunale di Cremona, gli idrocarburi provengono dal sito di proprietà di Tamoil Raffinazione spa, società del gruppo Tamoil. Nelle conclusioni delle analisi tecniche dei terreni, si citano “spessori significativi di surnatante, con valori oscillanti da 39 centimetri fino a un massimo di 60”. E ancora: “Gli agenti inquinanti, ed in particolare il prodotto surnatante, considerata fonte primaria di inquinamento, provengono dalle aree in uso Tamoil per assenza di fonti alternative riconosciute”. Come a dire: l’inquinamento arriva inequivocabilmente dall’area industriale.
La perizia era stata chiesta dalla canottieri Bissolati, nei cui terreni persiste l’inquinamento, tramite gli avvocati Gian Pietro Gennari e Claudio Tampelli e con la consulenza del geologo Gianni Porto. I tecnici del tribunale cittadino l’hanno depositata mercoledì 5 gennaio. L’accertamento tecnico era prodromico all’avvio della causa civile per il risarcimento del danno che verrà intentata dalla canottieri Bissolati contro il colosso petrolifero. La Tamoil, contattata da ilfattoquotidiano.it per un commento, non ha risposto.
In attesa del processo civile, una sentenza penale a carico di Tamoil, passata in giudicato dopo l’ultima parola della Cassazione pronunciata il 14 ottobre 2020, c’è già. Nel processo al più grave inquinamento nella storia di Cremona il manager Tamoil Enrico Gilberti è stato infatti condannato a tre anni per disastro colposo. “Abbiamo sostenuto per due anni che tutti i nostri rilievi stavano dimostrando che l’inquinamento Tamoil era ancora attivo ed era necessario cambiare i protocolli di monitoraggio ormai troppo vecchi – dice a ilfattoquotidiano.it Maurilio Segalini, presidente della canottieri Bissolati – Ma non ci hanno ascoltato, non ci hanno creduto”. Ora che le stesse argomentazioni le sostengono i tecnici del tribunale di Cremona dopo “un’accurata perizia, confidiamo – aggiunge – che tutte le istituzioni aprano gli occhi e accettino la verità dei fatti. Noi, nel frattempo iniziamo la nostra causa civile per danni”.
I prossimi monitoraggi, conclude Segalini, “andranno fatti dove c’è il surnatante e non vicino alla sponda del fiume Po dove l’inquinamento viene spazzato via, periodicamente, dalle piene”. Per il consigliere regionale Cinque Stelle Marco Degli Angeli, che si è sempre battuto per la riapertura dello studio epidemiologico sulla Tamoil, il “tempo è scaduto. L’inquinamento di falda è un fatto gravissimo”. I dati forniti ai tempi dall’Autorità sanitaria locale, a detta degli esperti, afferma Degli Angeli, “avevano creato le condizioni per una sottostima dei rischi riportati dai risultati. Ora si valutino finalmente gli impatti degli inquinanti sulla popolazione cremonese”. Infine l’esponente pentastellato chiede di coinvolgere Regione, Istituto superiore di sanità, Arpa, autorità sanitarie locali e ministero per verificare se ci sono i presupposti affinché l’area Tamoil venga classificata come Sin (sito di interesse nazionale) in modo da fare arrivare a Cremona i fondi necessari per la bonifica del sito.