L'INTERVISTA - Il medico della Protezione civile, che da febbraio 2020 al 15 marzo 2021 è stato coordinatore del Comitato tecnico scientifico, sottolinea come sia cambiato il metodo con cui il governo adotta le sue decisioni: "La percezione è che la politica prevalga sull'indicazione scientifica, l'ultima riunione del Cts risale al 29 dicembre". Anche sulle misure per frenare Omicron "manca un parere autorevole delle istituzioni". E sul rientro in classe commenta: "Un disastro annunciato"
Che fine ha fatto il Comitato tecnico scientifico? Il governo guidato da Mario Draghi ha emanato 5 decreti in poco più di un mese, con l’ultimo provvedimento ha introdotto l’obbligo vaccinale per gli over 50 e cambiato le regole sulla scuola. Misure discusse, riviste, modificate, con un grande assente: “Il dibattito scientifico è stato sostituito da analisi politiche. Le ultime decisioni sono state adottate senza la testimonianza di una riunione del Cts. Allora non ha più ragione di esistere? Non serve più?“. A sottolinearlo è Agostino Miozzo, il medico della Protezione civile che da febbraio 2020 al 15 marzo 2021 è stato coordinatore proprio del Cts per l’emergenza Covid-19, l’organo istituito dall’allora premier Giuseppe Conte per affiancare l’azione del governo nella lotta alla pandemia. A quasi due anni di distanza, il ruolo del Comitato appare ridimensionato: “Inizialmente il Cts si riuniva quasi tutti i giorni. Ora siamo in emergenza e l’ultima riunione risale al 29 dicembre“, spiega Miozzo. Oggi è responsabile del progetto vaccinazioni in Sierra Leone della Regione Lombardia, ma anche consulente per l’emergenza Covid e la Protezione Civile in Calabria. Ha lasciato la guida del Cts un mese dopo l’avvicendamento tra Conte e Draghi a Palazzo Chigi. Da allora, qualcosa è cambiato nel ruolo che hanno gli esperti nell’indirizzare l’azione dell’esecutivo: “Mi dispiace che non ci sia più un parere forte e autorevole da parte dell’istituzione che nei due anni passati ha gestito l’emergenza con il governo”.
In un suo intervento sul Foglio ha scritto che “la scienza si inchina alla politica”. Ci può spiegare cosa ha notato?
Ho rilevato il fatto che nel dibattito attuale sulle risposte da dare alla crisi in corso, non ho sentito il dibattito scientifico, stimolato tradizionalmente dal Comitato tecnico scientifico. Un organismo istituito il 7 febbraio 2020, che all’epoca si riuniva tutti i giorni, quanto meno nei momenti di emergenza. Ho trovato piuttosto strano che, con la situazione attuale, l’ultima riunione del Comitato sia avvenuta il 29 dicembre.
L’ultimo parere noto riguarda infatti le quarantene (ed è stato almeno in parte ignorato). Lei si riferisce quindi alle decisioni su scuola e obbligo vaccinale.
Il dibattito scientifico è stato sostituito da analisi politiche. Forse è anche giusto che sia così. Però un parere scientifico sull’obbligo vaccinale, per decidere se fissare il limite a 50 anni piuttosto che a 40 anni, io forse l’avrei chiesto. Anche sulla scuola avrei chiesto un parere scientifico. Mi ha sorpreso questa decisione, anche se poi in fondo condivido le misure adottate. Però, l’obbligo vaccinale solo per gli over 50 mi sembra poco. E il 15 febbraio mi sembra troppo tardi, avrei fatto la fine del mese.
È cambiato qualcosa nel metodo che il governo adotta per prendere le decisioni sul Covid?
C’è molta più politica rispetto al verbo scientifico. E’ una constatazione: ormai per il governo è sufficiente sentire i dati dell’Istituto superiore di sanità per prendere delle decisioni. Come è già avvenuto. La percezione è che la politica prevalga sull’indicazione scientifica. In questo momento le condizioni sono chiare, abbiamo i dati delle terapie intensive, abbiamo l’occupazione degli ospedali. La percezione è che gli elementi per prendere delle decisioni politiche ci siano tutti, ma è pur sempre importante avere delle “limature” scientifiche.
Invece a quanto risulta nel 2022 il Cts non si è ancora riunito…
Io mi attengo ai fatti. Le valutazioni che faccio sono quelle di un osservatore. Io non vedo le riunioni, non leggo i dati e la discussione scientifica che si tiene nel Cts. Deduco che sono cambiate le regole, le necessità e le richieste del mondo politico. Che sia esso il governo o le Regioni. La mia considerazione è questa ed è indiscutibile, perché così avviene. I posteri diranno se sia giusto o sbagliato.
Sull’obbligo vaccinale si aspettava una decisione diversa?
Io faccio parte di quella categoria di esperti che dice che le emergenze non possono mai avere una gestione che accontenta tutti. In questo caso, però, abbiamo il 90% della popolazione vaccinata. Possiamo essere condizionati dal 10%? Io questo lo trovo imbarazzante. Dobbiamo raggiungere la copertura vaccinale il più presto possibile e il più radicale possibile. Invece l’obbligo vaccinale sul posto di lavoro entrerà in vigore il 15 di febbraio, quando avremo finito l’ondata di Omicron.
Ora però l’emergenza è in corso. Una revisioni dei criteri che determinano la zona rossa la ritiene necessaria?
Anche in questo caso, un’analisi e una valutazione appropriata da parte del Cts non sarebbe sbagliata, perché Omicron ci dà elementi diversi. Le condizioni sono molto modificate e ci sono pareri controversi. Si sentono tante voci sui media ma nessun parere autorevole delle istituzioni. Manca una voce istituzionale, ho la sensazione che sia debole in questo momento.
E sullo smart working?
Vale lo stesso ragionamento. Avere un parere scientifico non sarebbe male.
Tornando sul tema scuola. Lei per un breve periodo tra marzo e aprile scorso è stato anche consulente del ministero. A suo parere, cosa si può fare ora per evitare contagi e alunni in quarantena?
Quello sulla scuola è un disastro annunciato. E con disastro mi riferisco al ritorno alla didattica a distanza. Ho la sensazione che si stia sempre rincorrendo l’emergenza. Cosa si deve fare oggi per dopodomani? Io allargo le braccia, viviamo alla giornata. Sono cresciuto in Protezione civile, dove il mantra è la prevenzione. Se si vuole ridurre la vulnerabilità di una popolazione, lo si deve fare in tempo di pace. Altrimenti, quando arriva l’emergenza non si può fare altro che pregare.
Il generale Francesco Paolo Figliuolo aveva promesso aiuti per rafforzare il tracciamento nelle aule. Si sono rivelati un flop.
Il commissario Figliuolo non è mago Merlino a cui si chiedono i miracoli. La sua struttura già fa miracoli per le risorse umane e materiali che ha a disposizione. Sta tamponando il disastro della Sanità, non può tamponare anche il disastro della scuola. Che è un disastro antico, non dipende dal ministro Bianchi o dalla ministra Azzolina. Il dato di fatto è che la soluzione ai problemi sanitari della scuola la deve trovare la scuola. Non è possibile che ci si appoggi al sistema sanitario che è già sotto stress. O si trova un sistema di autonoma gestione delle necessità sanitarie della scuola, oppure viviamo alla giornata. Come stiamo facendo…