“Sono rimasta sola. Vi prego aiutatemi”. Il messaggio WhatsApp di Sima Gul è arrivato sul telefono della presidente di Amad (Associazione multietnica antirazzista donne) di Ancona, Donatella Linguiti, alla fine del settembre scorso. Sima, 19 anni e di etnia Hazara, una minoranza spesso vittima di persecuzioni in Afghanistan da parte dei Talebani, un mese prima aveva perso tutta la sua famiglia nel terribile attentato suicida all’esterno dell’aeroporto internazionale di Kabul poi rivendicato dallo Stato Islamico. L’esplosione del pomeriggio del 26 agosto aveva sterminato più di 200 persone nell’area dell’Abbey Gate, tra cui i genitori e i fratelli della ragazza, scampata per puro caso.
Sola, a 19 anni, nell’Afghanistan dell’Emirato Islamico, con le lancette riportate indietro di un quarto di secolo al potere nelle mani dei Talebani, il destino della ragazza appariva segnato. Alla vigilia dell’Epifania, invece, Sima Gul è atterrata all’aeroporto di Malpensa, dove ad accoglierla c’era la speranza di una vita migliore. Una vita che riparte da Ancona: “Sima è a casa con me e mia figlia – precisa Linguiti -, è ancora sotto choc, ha paura e non riesce a esprimere bene il dolore che ha provato negli ultimi quattro mesi, ma presto starà meglio. La aiuteremo a imparare l’italiano e con lei vedremo insieme il percorso di studio che più le si addice. Saremo al suo fianco per superare i traumi grazie al supporto di una psicologa che si è detta disponibile e della nostra mediatrice culturale di lingua farsi. Intanto ha la sua stanza che per lei abbiamo dipinto in un bel giallo brillante. Vuole tornare a studiare e diventare una dentista. La tempra forte ce l’ha, altrimenti non avrebbe superato le prove durissime che il destino le ha messo davanti. Ci vorrà del tempo e noi saremo al suo fianco. Intanto abbiamo cominciato a conoscerci, fatto la spesa insieme e iniziato a capire la sua sensibilità”.
I 131 giorni tra il 26 agosto e la sera del 4 gennaio sono stati i più terribili della vita di Sima Gul. Nel caos di Kabul, scossa dalla fuga degli internazionali e degli afghani certi di subire le conseguenze del ritorno degli Studenti Coranici alla guida dell’Afghanistan, Sima Gul si è mossa alla cieca, senza meta e senza affetti, col dolore nel cuore e la paura di finire nelle mani dei Talebani. Una preda ideale per loro: il suo orizzonte, nella migliore delle ipotesi, era quello di essere data in moglie a uno sconosciuto. “Una ragazza giovane, sola, e pure di etnia Hazara – spiega la responsabile di Amad – Per lei non sarebbe stata un’esistenza facile. Il fatto di averla qui con noi ci riempie di gioia e ci dà la forza, come associazione, di andare avanti nel lavoro che stiamo facendo per tantissime altre persone in difficoltà, soprattutto in Afghanistan. Non abbiamo i numeri e le pretese della grandi agenzie, ma nel nostro piccolo, specie per la storia di Sima Gul, siamo riusciti in un piccolo miracolo fatto di solidarietà e amore da parte di tante persone, in Afghanistan, in Iran e in Italia. Purtroppo sul versante pubblico c’è poco margine di manovra, riguardo ai corridoi umanitari. La nostra è una piccola realtà, ma concreta e ringraziamo già da adesso chi vorrà fare un pezzo di percorso con noi”.
In effetti il cammino di Sima Gul dall’orrore di Kabul all’arrivo in Italia è stato lungo e pieno di emozioni. È partito dal nascondiglio nel buco di un sottoscala in una casa di Kabul dove la ragazza si è nascosta per giorni grazie a una famiglia locale che, pur non benestante, l’ha aiutata a non finire nelle mani dei Talebani. Da qui la ragazza ha chiesto aiuto riuscendo a contattare Amad e avviando il suo percorso a ostacoli. La Linguiti racconta come siano riusciti a superare gli ostacoli: “Da agosto Amad sta seguendo le vicende di decine di afghani residenti nelle Marche le cui famiglie sono in pericolo dopo il ritorno dei Talebani. È nata una rete in questi mesi che nel caso di Sima Gul è tornata utilissima perché ognuno ha dato il suo piccolo contributo. A partire dalla prima persona, il fratello di un afghano che vive proprio ad Ancona, che ha raccolto la ragazza da quel buco di Kabul e l’ha riportata a Herat, la sua provincia di origine. Lei per settimane è stata ospitata, nascosta, protetta e aiutata a prendere il visto per passare in Iran. Il fatto di essere in possesso del passaporto è stato decisivo. Una volta in Iran è stata presa sotto l’ala protettrice della sorella della nostra mediatrice culturale, Narghes, che poi l’ha aiutata a comunicare in dari. Ciò accadeva attorno alla fine di novembre. A Teheran sono stati quaranta giorni di lavoro, di contatti, di appuntamenti per farle ottenere il visto italiano dall’ambasciata e dopo mille traversie ce l’abbiamo fatta. Fino all’altro giorno, quando Sima Gul è stata portata all’aeroporto di Teheran all’alba e lì un’altra parente di una nostra associata l’ha letteralmente messa sul volo per Milano. A Malpensa due nostre ‘staffette’ l’hanno accolta e accompagnata fino a Bologna, dove ha proseguito il viaggio verso Ancona con me”.
Ripercorrendo gli ultimi mesi, dal messaggio sul telefono fino all’incontro fisico, Donatella Linguiti si commuove: “Sima Gul mi ha abbracciato come nella vita non mi è mai capitato. Un abbraccio capace di comunicare più di tante parole. Questa ragazza giovanissima e provata dal dramma vissuto ha avuto un immenso coraggio mosso dalla disperazione. La gratificazione avuta in quell’abbraccio mi fa pensare che il 2022 possa davvero essere un anno migliore”.