Oscurata dall’enorme attenzione per il Covid, un’altra pandemia colpisce il Nordest, in particolare alcune province del Veneto. Si tratta dell’influenza aviaria ad alta patogenicità (Hpai), che avrebbe causato agli allevamenti di pollame un danno da 500 milioni di euro. Confagricoltura, Cia e Coldiretti Veneto hanno chiesto alla Regione Veneto di dichiarare lo stato di calamità, così da attivare tutti gli strumenti di sostegno possibili. “Allo stato attuale il rischio di trasmissione del virus aviario all’uomo è considerato basso, ma in considerazione del potenziale evolutivo del virus, si ritiene necessario monitorare la situazione al fine di identificare eventuali cambiamenti”. Così è scritto in una circolare diffusa circa un mese fa dal Ministero della Salute in cui si spiega che il monitoraggio dell’espansione del virus negli allevamenti è affidato all’Istituto Zooprofilattico sperimentale delle Venezie (Izsve). L’ultimo aggiornamento porta la data del 5 gennaio 2022 con il censimento complessivo di 308 focolai, di cui 251 in Veneto e circa 180 nella sola provincia di Verona. Lo Zooprofilattido di Legnaro (Padova) spiega: “Sono stati coinvolti primariamente allevamenti di tipo industriale, soprattutto tacchini da carne situati in provincia di Verona. In tutti gli allevamenti risultati positivi sono state svolte o sono in corso le operazioni di abbattimento, pulizia e disinfezione”.
Secondo una stima della Coldiretti gli animali abbattuti ormai superano i 15 milioni di unità. Il Parlamento ha già approvato un primo stanziamento di 30 milioni di euro con la Finanziaria e in quella occasione è stata presentata una relazione che indica in 14 milioni i capi abbattuti, tra polli, tacchini, galline ovaiole e pollastre. In tutto le regioni interessate sono cinque: innanzitutto Veneto e Lombardia, in misura minore Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Lazio.
L’ultimo provvedimento adottato dalla Regione del Veneto è l’ordinanza numero 173 del 20 dicembre che recepisce le indicazioni ministeriali e prevede un ulteriore aggiornamento delle misure di restrizione nelle province di Verona, Padova e Vicenza. Il presidente Luca Zaia ha ordinato di istituire due zone. La zona di protezione (ZP) ha un raggio di 3 chilometri dagli allevamenti, mentre la zona di sorveglianza (ZS) ha un raggio di 10 chilometri dai focolai. In entrambe le zone è previsto il censimento di tutte le aziende avicole e degli animali presenti, con sopralluoghi da parte dei veterinari ufficiali delle Ulss e sorveglianza sierologica e virologica. Nelle zone di protezione (ZP) tutto il pollame e gli altri volatili sono trasferiti all’interno di un edificio dell’azienda o confinati in un luogo che non consenta contatti con animali di altre aziende. Le carcasse sono distrutte quanto prima. Previste procedure di disinfezione per veicoli e attrezzature, norme di sicurezza per gli operatori e divieti nella movimentazione di pollame e uova. Vietate l’esposizione del pollame alle fiere. Nelle zone di sorveglianza (ZS) sono previste misure analoghe, con possibili deroghe. In base alle tabelle allegate alla delibera regionale del 20 dicembre, le zone di protezione sono localizzate in 86 comuni del Veneto (con circa 750 aziende), quelle di sorveglianza in 104 comuni (con circa 550 aziende).
La consigliera regionale del Partito Democratico veneto Anna Maria Bigon ha rilanciato l’appello delle associazioni di categoria: “Il settore avicolo è in ginocchio e la Regione deve dichiarare lo stato di calamità. Servono contributi e ristori in tempi rapidissimi perché soprattutto nel Veronese la situazione è drammatica. Con la legge di bilancio nazionale sono stati stanziati 30 milioni per la filiera delle carni bianche, che è una prima risposta, ma ovviamente parziale se consideriamo che i danni stimati tra diretti e indiretti arrivano a circa mezzo miliardo di euro”. Le risorse dovrebbero arrivare in fretta perché le aziende rischiano di manifestare a breve problemi di liquidità.