I rapitori di Luca Attanasio e Vittorio Iacovacci erano “una quindicina, parlavano una lingua ruandese e avevano armi pesanti, più sofisticate di quelle dei ranger”. Lo dice, in esclusiva al quotidiano Il Domani, Baraka Dabu Jakson, assistente giornaliero al parco del Virunga e testimone di quanto avvenuto il 22 febbraio, giorno in cui l’ambasciatore italiano e il carabiniere Iacovacci sono stati uccisi. Attanasio, racconta al giornale, gli è morto fra le braccia. “Ho sentito una serie di colpi e ho visto alcuni individui armati che spingevano nella boscaglia quattro uomini, due di colore e due bianchi“.
Oltre alla testimonianza di Jakson c’è anche quella di Julien Kitsa, un commerciante che si trovava nei pressi del mercato di Kilumba, dove è avvenuto l’agguato. E’ stato lui a portare in ospedale la terza vittima dell’aggressione, l’autista Mustapha Milambo, nel tentativo (poi fallito) di salvarlo. “Ho sentito uno degli uomini armati dire ‘abbiamo rapito i bianchi'”. Entrambe le ricostruzioni inducono quindi a escludere l’ipotesi che gli omicidi siano stati il risultato di una rapina a opera di banditi improvvisati, diffusi e attivi nella zona. Poco dopo il caso erano stati infatti arrestati alcuni criminali locali, in seguito rilasciati. Rimangono tuttavia perplessità: non si capisce, infatti, perché gli uomini armati avrebbero dovuto uccidere Attanasio e Iacovacci se la loro intenzione era quella di rapirli e basta.
Nel frattempo, la collaborazione fra inquirenti italiani e congolesi prosegue a fatica. Lo stesso vale per quanto riguarda l’indagine all’interno della Pam, il Programma alimentare mondiale –World Food Programme. Il responsabile della sicurezza Mansour Rwagaza è iscritto nel registro degli indagati. Come si legge su Il Domani, quest’ultimo ha violato il protocollo di sicurezza delle Nazione Unite e non ha provveduto a fornire a Iacovacci e Attanasio una scorta adeguata in tempo. Intervistato da Ilfattoquotidiano.it, Salvatore Attanasio – padre dell’ambasciatore – ha sottolineato le sue perplessità in merito al comportamento dell’organizzazione, che continua a opporre l’immunità dei suoi funzionari alle richieste avanzate dai pm. Risulta infatti che tutti i funzionari implicati nella vicenda siano stati nel frattempo trasferiti lontano da Goma.